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The role of additives in flour

by luciano

Autore: Simona Lauri (www.quitidiemagazine.it)

“Premessa
Qualche mese fa, una nota azienda alimentare commercializzò una farina riportante sulla confezione la dicitura “senza additivi”. Questo fatto suscitò immediatamente molte polemiche (false o presunte, non entro nel merito) ed indignazione da parte degli Operatori del Settore.

E’ chiaro che il più indignato in assoluto è stato l’inerme consumatore, che si è visto crollare addosso l’ultimo baluardo di sana alimentazione: la farina può non essere solo tale e contenere additivi volontari.
L’incipit “senza additivi” ha svelato finalmente a tutti che le farine non sono tutte uguali (non mi riferisco naturalmente alla sola classificazione botanica, merceologica e reologica), ma soprattutto non è purtroppo vero che tutte le farine in commercio siano prive di additivi volontari.
Quando parlo di “farine”, faccio riferimento agli sfarinati la cui denominazione di vendita è riportata nel Decreto del Presidente della Repubblica n°187/2001 e non all’immenso mondo dei mix, semilavorati, preparati, miglioratori, miscele già pronte all’uso per pane bianco, ai cinque cereali, nero, pizza soffice, croccante, dolci, ecc. che molte aziende commercializzano e che nulla hanno a che vedere con la parola “farina”.

Additivi ammessi nelle farine
Parlando di “farina”, vi è il DPR n°187/2001 che disciplina sia i TIPI, sia la denominazione di vendita, sia la modalità (art. 4); purtroppo è anche vero che nelle farine è consentito aggiungere glutine secco (all’uopo vedasi il DM n°351/1994) oltre alla L-cisteina (E920), l’acido ascorbico (E300) nella quantità quantum satis, senza cioè uno specifico limite secondo Reg. (UE) n°1129/2011, oltre all’acido fosforico, di-, tri- e poli-fosfati (E338 – E452) e l’additivo biossido di silicio e silicati (E551-E559) consentito in tutte le categorie di alimenti, farine comprese, in dose massima di 10.000 mg/kg o mg/l a seconda degli alimenti.
Oltre a ciò, si aggiunga che sono ammessi anche gli enzimi Reg. (CE) n°1332/2008 e Reg. (CE) n°1829/2003. In virtù di una trasparenza d’informazione, in teoria e anche in pratica, tutti gli additivi volontari dovrebbero essere dichiarati in etichetta, ma purtroppo questo, da parte di molte aziende non succede pur restando nella legalità.