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Grani antichi, grani moderni

by luciano

Un’eccellente analisi riguardante grani antichi e moderni del giornalista Dario Dongo, Del Prof. Paolo Guarnaccia e del Dott. Paolo Caruso:

Grani antichi, analisi dei superfood

I consumi alimentari in Italia convergono sulla ricerca di cibi salutari e di alimenti quanto possibile legati a territori e tradizioni. Non solo DOP e IGP, ma anche colture storiche quali i grani antichi, a cui è dedicata la presente analisi.

Grani antichi vs grani moderni
I grani antichi – in attesa di una definizione agronomica o legale condivisa – sono intesi essere popolazioni dinamiche di frumento con origine storica, identità distinta, assenza di miglioramento genetico tramite incrocio. In prevalenza si tratta di piante adattate localmente, con l’ausilio di sistemi agricoli tradizionali (anch’essi tuttora privi di definizione univoca), caratterizzate da taglia più alta e glutine meno tenace rispetto alle varietà moderne.

Un vivace dibattito scientifico in corso da alcuni anni contrappone le proprietà dei grani antichi rispetto a quelle dei grani moderni. La disputa tende a essere focalizzata sulle sole proprietà nutrizionali dei vari genotipi, trascurando le caratteristiche dei prodotti finiti in relazione ai diversi processi. Si propone perciò di estendere l’analisi agli aspetti agronomici e tecnologici che includono, tra l’altro, le fasi di molitura, lievitazione degli impasti, tecniche di pastificazione.

Glutine e frumento nella dieta

Il ruolo del frumento e delle sue proteine nella dieta è ampiamente dibattuto, anche a causa di interessi economici contrapposti. Così i promotori di diete gluten-free accusano i grani moderni di essere ‘veleni cronici’ (Davis 2011) e i grandi produttori di commodities replicano che ‘il glutine di frumento non fa male’ (National Association of Wheat Growers, 2013).

Il glutine nei ‘grani antichi’ non si distingue, dal punto di vista quantitativo, rispetto alle varietà moderne. È invece diverso l’indice di glutine, un parametro che esprime la forza ed è molto inferiore nei frumenti della storia, la cui lavorazione è quindi più difficile e poco compatibile con le moderne tecnologie di pastificazione.

Le proteine del glutine delle varietà di frumenti antichi contengono inoltre meno ‘epitopi tossici’, le sequenze aminoacidiche riconosciute dai linfociti dei soggetti celiaci (Van den Broeck et al., 2010). Una dieta a base di varietà di frumento con meno ‘epitopi tossici’ potrebbe perciò aiutare la prevenzione della celiachia, in considerazione di diversi fattori associati alla sua insorgenza (Ventura et al., 1999; Ivarsson et al., 2000; Fasano, 2006).

Studi comparati tra varietà di frumento antiche e moderne hanno poi evidenziato che le prime producono granella che abbassa o annulla la produzione di citochine pro-infiammatorie nell’organismo umano (Gallo et al., 2010; Di Silvestro et al., 2012; Valerii et al., 2014).

Grani antichi e salute

Differenze significative tra grani antichi e moderni sono state riscontrate sui micronutrienti (vitamine e minerali) e altri composti del metabolismo secondario della pianta (composti ‘funzionali’ o ‘bioattivi’). In termini quantitativi e qualitativi, oltreché di varietà dei composti (Dinelliet al., 2007).

Diversi studi mostrano in effetti una progressiva diminuzione dei tenori di minerali, nelle cariossidi di frumento, negli ultimi 160 anni. I cultivar altamente produttivi a taglia bassa, in particolare, risultano avere minori contenuti di rame, ferro, zinco e magnesio (Fan et al., 2008; Ficco et al., 2009; Zhao et al., 2009).

Le farine di grani antichi si caratterizzano altresì per un contenuto e una varietà maggiore di sostanze fitochimiche biologicamente attive come polifenoli (flavonoidi, lignani, isoflavoni), carotenoidi, tocoferoli e fibre. A cui vengono attribuite importanti funzioni di nutraceutica, incluse le attività antitumorale, antinfiammatoria, immunosoppressiva, cardiovascolare, antiossidante e antivirale (Dinelli et al., 2007).

Un recente studio ha messo in evidenza che l’utilizzo di farine di grani antichi provoca da un lato un abbassamento significativo sia del colesterolo totale, sia di quello LDL (o ‘cattivo’) e del glucosio nel sangue. Riscontrando, d’altro canto, un aumento delle cellule staminali in circolazione, mobilizzate dal midollo osseo, che sono in grado di riparare i vasi sanguigni danneggiati (Sereni et al., 2016).

Effetti benefici ‘convincenti’ riguardano infine vari parametri legati a malattie cardio-metaboliche, quali i profili lipidici, quelli glicemici e lo stato infiammatorio e ossidativo (Dinu et al., 2017).

Nutritional quality of Gluten-fre diet

by luciano

“Background & aims: The only available treatment for celiac disease (CD) is lifelong adherence to gluten free (GF)-diet. However, GF-diet may lead to possible nutrient unbalance resulting in improper nutritional quality of diet. The aim of this study is to evaluate the nutritional quality of GF-diet. Methods: MEDLINE(®)/PubMed and Cochrane Library were electronically searched for articles published between 1990/01/01 and 2015/09/01.
Results: GF-diet was found to be poor in alimentary fiber due in particular to the necessary avoidance of several kinds of foods naturally rich in fiber (i.e. grain) and the low content of fiber of GF product that are usually made with starches and/or refined flours. Micronutrients are also found to be poor, in particular Vit. D, Vit. B12 and folate, in addition to some minerals such as iron, zinc, magnesium and calcium. Moreover, an inadequate macronutrient intake was reported related above all to the focus on the avoidance of gluten that often leaving back the importance of nutritional quality of the choice. In particular, it was found a higher content of both saturated and hydrogenated fatty acids and an increase in the glycemic index and glycemic load of the meal.” Gluten free diet and nutrient deficiencies: A review. Giorgia Vici May 2016 Clinical nutrition (Edinburgh, Scotland) 35(6) DOI: 10.1016/j.clnu.2016.05.002

Kywords: gluten-free, saturated fatty acids, hydrogenated fatty acids, glycemic index, glycemic load,

Principali caratteristiche botaniche e agronomiche del T. monococcum sp. Monococcum

by luciano

“Le caratteristiche di questo cereale minore dipendono in parte dalla sua storia. Originario delle zone aride del Medio Oriente, il farro fu una delle prime otto specie vegetali ad essere domesticate e coltivate dagli agricoltori della Mezzaluna fertile (Zohary & Hopf, 2012). L’arrivo in Europa risale ad un periodo successivo (circa 8-9 mila anni fa), in seguito a commerci e migrazioni di popoli da Est (Gepts, 2004). L’antenato selvatico del farro piccolo è il Triticum monococcum sp. baeoticum, detto anche monococco selvatico. Il monococco domestico ha conservato molti dei tratti caratteristici della sua linea parentale, e ne mantiene quasi intatto il grande patrimonio genetico (Kilian et al, 2007). Lo studio del genoma ha permesso di ricostruire l’albero filogenetico di questo antico cereale, rintracciando alcune delle popolazioni originarie (Heun et al, 1997) e mettendo in luce i tratti che hanno caratterizzato la sua domesticazione. Il domesticato T. monococcum e il selvatico T. baeoticum (genoma Am Am ), insieme alla specie selvatica T. urartu (genoma AA), costituiscono il gruppo dei frumenti diploidi, caratterizzati da numero cromosomico 2n = 14. Questo gruppo fondamentale di specie rappresenta la base di tutte le successive ibridazioni e selezioni, che hanno portato all’evoluzione dei frumenti tetraploidi (4n) ed esaploidi (6n), come illustrato in Figura 1.1.”

Caratteristiche Descrizione Conseguenze
Ciclo vitale microtermo Cereale autunno-vernino con ciclo vegetativo lungo (da Ottobre a Luglio) (Nasi et al, 1999) Adatto a climi temperati con alternanza stagionale freddo-caldo.
Taglia medio-alta Solitamente tra i 120 e 140 cm (Nasi et al, 1999) Ottima copertura del suolo e resistenza alle infestanti.
Spiga aristata e distica Spiga con doppia fila di cariossidi, caratterizzata da un numero ridotto di inflorescenze, di cui solo una basale è fertile (Cortiana, 2014) Produttività medio-bassa.
Rachide fragile Disarticolazione della cariosside in fase di maturazione (Nasi et al, 1999) Necessita particolare attenzione durante la trebbiatura.
Cariosside vestita La cariosside è rivestita dai tegumenti del glume (Nasi et al, 1999) Offre maggiore protezione, rispetto ai cereali nudi, a fattori di stress biotici e abiotici. Aumento dei costi per decorticazione.
Rusticità Specie adatta a suoli pedologicamente poveri e aridi (Cortiana, 2014) Adatta a terreni marginali, aree normalmente non coltivabili o impoverite da sovrasfruttamento. Adatta all’uso in sistemi agricoli ad input ridotti.
Resistenza elevata A condizioni di stress (termico, idrico, ecc) e ad attacchi patogeni o parassitari (Cortiana, 2014) Contribuisce ad aumentare la resilienza del sistema agricolo.
Stabilità del raccolto Anche a fronte di condizioni di crescita non ottimali, grazie all’elevata diversità genetica (Kilian et al, 2007) Contribuisce ad aumentare la resilienza del sistema agricolo.
Elevate qualità nutrizionali Alto contenuto di grassi, fosforo, potassio, piridossina e betacarotene (Stallknecht, 1996). Indicato per la produzione di alimenti dalle elevate caratteristiche nutritive e organolettiche.

Fonte: Tesi di Laurea Water Footprint di un cereale antico: la coltivazione biologica di Triticum monococcum in Pianura veneta, nel contesto del cambiamento climatico. Giulia Grisottro 2018 Università Cà Foscari Venezia

Tags: Monococco, grano monococco, piccolo farro, genoma AA, cariosside rivestita,

Glutine e prima infanzia

by luciano

Introduzione del glutine nella dieta dei bambini: quando?

I medici sono concordi nel suggerire l’introduzione del glutine nella prima infanzia nell’intervallo 4-8 mesi in modo progressivo cominciando, magari, utilizzando segale, avena orzo. Il tema assume rilevanza particolare in relazione ai bambini a rischio celiachia come ben rappresentato in un recentissimo articolo del Corriere della Sera (Corriere Salute del 11-11-2020).

Una ricerca pubblicata nel 2014 sul New England Journal of Medicine [1] ha evidenziato che nei bambini geneticamente predisposti, introdurre il glutine dopo il compimento dell’anno d’età aiuterebbe a ritardare la comparsa dell’intolleranza. Lo studio sottolinea come il maggiore fattore predisponente per la celiachia sia di tipo genetico e non ambientale. I bambini con due copie del gene HLA-DQ-2 hanno il 38% di probabilità di essere celiaci, contro il 19% di quelli che non ne sono portatori. Con un esame del sangue alla nascita è quindi possibile individuare i bambini che presentano questo fattore di rischio.

Un altro più recente studio pubblicato in JAMATrusted Source nel 2019 [2] ha evidenziato che i bambini portatori del genotipo associato al diabete di tipo 1 e alla celiachia corrono un rischio maggiore di celiachia o sviluppano un’intolleranza al glutine se mangiano glutine prima dei 5 anni. “Swedish researchers followed 6,605 children from birth to age 5. They recorded each child’s gluten intake over a 3-day span every few months during these early years. At the end of the observational period, the researchers found that children who ate higher amounts of gluten were more likely to develop celiac disease autoimmunity (the presence of antibodies in the blood that indicates celiac disease may develop) and celiac disease itself.
Indeed, children who had a higher gluten intake in that period saw a 6.1 percent increased risk of showing the immunological response to gluten. Also, children who ate higher than typical gluten amounts had a 7.2 percent increased risk of developing celiac disease.” I risultati dello studio non si applicano ai bambini in generale, ma solo a quelli con un genotipo HLA.
E’, quindi, del tutto evidente come sia importante che la dieta nella prima infanzia, sopratutto per i bambini a rischio celiachia, preveda non solo una gradualità nell’assunzione del glutine ma anche l’utilizzo di grani a maggiore tollerabilità e digeribilità.

Digeribilità e tollerabilità del glutine presente nel grano è, però, quasi del tutto assente nel dibattito riguardante la dieta nella prima infanzia.

Le varietà di grano presentano un grande variabilità nella presenza qualitativa (nota 1) nonché quantitativa delle frazioni del glutine che maggiormente attivano la risposta avversa del sistema immunitario provocando la celiachia, come, ad esempio, il peptide 33mer[3] . Presenza che ha correlazione diretta e/o indiretta (come concausa) anche riguardo la sensibilità al glutine non celiaca.
La digeribilità dei prodotti realizzati con grano è più complessa non derivando solo dal genotipo ma anche dalle condizioni pedo-climatiche e pratiche agronomiche che influenzano la quantità di glutine e la sua “forza”. [4].
Inoltre la digeribilità dei prodotti realizzati con grano è fortemente influenzata dalla metodologia [5] utilizzata per la loro preparazione che può anche incidere molto sulla tollerabilità del prodotto finito.
La ricerca, infine, ha più volte evidenziato la grande opportunità che talune varietà di grano offrono in relazione alla loro elevata tollerabilità e digeribilità [6, 7, 8, 9] in particolare alcune varietà di grano monococco[10].
Un’importante contributo alla ricerca di grani a bassa tossicità è rappresentato dalla ricerca: Ricerca di genotipi di grano naturalmente a bassa tossicità mediante un approccio multidisciplinare. Rosa Pilolli , Agata Gadaleta, Gianfranco Mamone, Domenica Nigro, Elisabetta De Angelis, Nicola Montemurro & Linda Monaci. Scientific Reports Gennaio 2019).

Indice glicemico e grani

by luciano

Indice glicemico

L’indice glicemico è molto importante per i diabetici nella gestione della glicemia, o anche per coloro a rischio di sviluppare il diabete.
Il grano, considerato l’elevato uso per moltissimi prodotti di largo consumo, è stato ed è oggetto di moltissime ricerche e studi in relazione al suo indice glicemico. L’indice glicemico di un prodotto realizzato con grano è correlato, tra l’altro,:
• alla composizione degli zuccheri del suo amido
• al grado di raffinamento della farina utilizzata
• alla modalità di preparazione degli impasti

Composizione degli zuccheri dell’amido di grano
L’amido del grano è composto da due zuccheri amilosio e l’amilopctina. L’amilosio è prevalente come quantità rispetto alla amilopectina ed è rapidamente idrolizzato dagli enzimi digestivi risultando, dunque, maggiormente responsabile del “picco glicemico”. Il grano T. monococcum (piccolo farro) rappresenta un’eccezione perché il contenuto di amilosio (23,3-28,6% dell’ amido totale) (Hidalgo et al.. 2014) è più basso rispetto al grano duro (30%) e al grano tenero (35-43%).

Grado di raffinamento della farina
La farina integrale ha un indice glicemico inferiore alla farina raffinata.
Un ampio studio che ha esaminato quasi 43000 persone per un massimo di 12 anni ha scoperto che una dieta ricca di cereali integrali era inversamente associata al rischio di diabete di tipo 2 [3]. Studi epidemiologici hanno costantemente dimostrato un effetto benefico delle fibre, in particolare della fibra di grano, nel ridurre il rischio di diabete (1-2) e malattie cardiovascolari (3,4), e un recente rapporto ha indicato che l’assunzione totale di fibre alimentari era associata a una ridotta CHD fattori di rischio nei giovani (5). Fung TT, Hu FB, Pereira MA, et al. Whole-grain intake and the risk of type 2 diabetes: a prospective study in men. American Journal of Clinical Nutrition. 2002;76(3):535–540. [PubMed] [Google Scholar]

Modalità di preparazione degli impasti: La fermentazione con la pasta acida, l’indice glicemico e il carico glicemico.
L’indice glicemico (IG) è il numero da 0 a 100 assegnato a un alimento (al glucosio puro è stato arbitrariamente assegnato il valore 100) che è indicativo dell’aumento relativo dei livelli di glucosio nel sangue riscontrato 2 ore dopo che il cibo è stato consumato. L’IG di un alimento specifico dipende principalmente dalla quantità e dal tipo di carboidrati che contiene, ma è anche influenzato da numerosi altri fattori tra cui la quantità di acidi organici.
Il carico glicemico (GL) è un valore che indica la velocità con cui una determinata porzione di cibo eleva i livelli di glucosio nel sangue. Prende in considerazione sia la quantità di carboidrati nella porzione sia la velocità con cui aumenta i livelli di glucosio nel sangue (GL = GI × carboidrati / 100). Un GL di 0-10 = GL basso; 11-19 = GL medio; 20 e oltre = GL alto). La fermentazione con lievito naturale dell’impasto di farina di frumento abbassa significativamente l’IG del pane riducendo il tasso di digestione dell’amido, principalmente attraverso la formazione di acidi organici che ritardano l’assorbimento dell’amido [6]. L’amido viene assorbito più lentamente in presenza di acido lattico a causa dell’inibizione degli enzimi amilolitici e la sua biodisponibilità è ridotta a causa dell’interazione tra amido e glutine [7]. L’acido acetico ritarda la velocità di svuotamento gastrico [8]. The Mediterranean way: why elderly people should eat wholewheat sourdough bread—a little known component of the Mediterranean diet and healthy food for elderly adults. Antonio Capurso, Cristiano Capurso. 13 november 2019 springer.

Riferimenti
1 – Liu S, Manson JE, Stampfer MJ, Hu FB, Giovannucci E, Colditz GA, Hennekens CH, Willett WC: A prospective study of whole-grain intake and risk of type 2 diabetes mellitus in US women. Am J Public Health 90: 1409–1415, 2000. PubMedWeb of ScienceGoogle Scholar

2 – Salmeron J, Ascherio A, Rimm EB, Colditz GA, Spiegelman D, Jenkins DJ, Stampfer MJ, Wing AL, Willett WC: Dietary fiber, glycemic load, and risk of NIDDM in men. Diabetes Care 20:545–550, 1997.  Abstract/FREE Full TextGoogle Scholar

3 – Liu S, Stampfer MJ, Hu FB, Giovannucci E, Rimm E, Manson JE, Hennekens CH, Willett WC: Whole-grain consumption and risk of coronary heart disease: results from the Nurses’ Health Study. Am J Clin Nutr 70:412–419, 1999. Abstract/FREE Full TextGoogle Scholar

4 – Wolk A, Manson JE, Stampfer MJ, Colditz GA, Hu FB, Speizer FE, Hennekens CH, Willett WC: Long-term intake of dietary fiber and decreased risk of coronary heart disease among women. JAMA 281:1998–2004, 1999
CrossRefPubMedWeb of ScienceGoogle Scholar
5 – Ludwig DS, Pereira MA, Kroenke CH, Hilner JE, Van Horn L, Slattery ML, Jacobs DR Jr: Dietary fiber, weight gain, and cardiovascular disease risk factors in young adults. JAMA 282:1539–1546, 1999.  CrossRefPubMedWeb of ScienceGoogle Scholar
6 – Poutanen K, Flander L, Katina K (2009) Sourdough and cereal fermentation in a nutritional perspective. Food Microbiol 26:693–699
7 – Liljeberg H, Björck I (1998) Delayed gastric emptying rate may explain improved glycaemia in healthy subjects to a starchy meal with added vinegar. Eur J Clin Nutr 52:368–371
8 – Atkinson FS, Foster-Powell K, Brand-Miller JC (2008) International tables of glycemic index and glycemic load values: 2008. Diabetes Care 31:2281–2283
Note
“The glycemic index [GI] a system that ranks foods on a scale from 1 to 100 based on their effect on blood-sugar levels.”
The purpose of this scale is so that sensitive individuals can judge the impact a particular food will have on their blood sugar, and either eat or avoid it accordingly. This is very important for diabetics in managing blood sugar, or even those who have been told they are at risk for developing diabetes.
Now, that rank is from 1 to 100, but that means nothing without context.
• High GI foods are ranked at 70 or greater — like potatoes
• Medium GI foods are ranked at 56 to 69 — like sweet potatoes and corn; sweeter fruits like pineapple and apricots; and millet
• Low GI foods are ranked at 55 or lower — like carrots and other moderately sweet vegetables, most other fruits, most nuts/seeds; beans; dairy; and most grains
• Very Low GI foods are ranked below any of these because they have no impact on blood sugar or no established GI value — like non-starchy vegetables; spices; herbs; and meats and seafood
By the way, this information comes from The World’s Healthiest Foods.
The high GI foods cause a sudden and extreme spike in blood sugar levels, while medium/low GI foods produce a more gradual increase.