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Appato digerente

by luciano

In evidenza:
Bocca: inizio della digestione dei carboidrati mediante l’enzima ptialina (amilasi salivare).
Stomaco: digestione delle proteine nello stomaco mediante l’enzima pepsina.
Intestino tenue tratto duodeno: digestione delle proteine, dei carboidrati e dei lipidi mediante rispettivamente gli enzimi tripsina, amilasi e lipasi.
Intestino tenue tratto digiuno: assimilazione delle proteine, dei carboidrati, del sodio e dei cloruri
Intestino tenue tratto ileo: assimilazione della vitamina B12 e dei sali biliari.
Intestino crasso: produzione di vitamine ed energia tramite fermentazione delle fibre da parte dei microrganosmi della flora batterica, e assorbimento di vitamine e riassorbimento dell’acqua.

L’apparato digerente è costituito dalla bocca (cavita orale), stomaco collegato alla bocca tramite l’esofago), intestino tenue e intestino crasso.

Bocca
Nella bocca sono presenti numerosissime piccole ghiandole salivari che mantengono umida e lubrificata la superficie e permettono l’inizio della digestione dei carboidrati mediante un enzima detto ptialina (amilasi salivare).

Esofago e stomaco
In continuità con il tratto faringeo si trova l’esofago, organo muscolare cavo lungo circa 25 cm, che attraversa il diaframma per mezzo di un’apertura chiamata iatus diaframmatico e si collega allo stomaco. Lo stomaco ha una capacità di riempimento di circa 1500 ml e si può dividere in quattro regioni anatomiche:
Cardias (via d’accesso)
Fondo
Corpo
Piloro (via d’uscita)
Il bolo (il bolo è l’impasto di cibo masticato, impastato e imbevuto di saliva, che si forma in bocca prima della deglutizione), nello stomaco, stimola le ghiandole gastriche a produrre un secreto detto succo gastrico, costituto da acido cloridrico e dall’enzimia pepsina per la digestione delle proteine.
Esso trasforma il cibo in componenti più facilmente assorbibili e facilita l’eliminazione batterica. La mucosa gastrica, inoltre, secerne sia muco che va a formare uno strato protettivo nei confronti dell’azione corrosiva del secreto, sia il fattore intrinseco (5), essenziale per l’assorbimento della vitamina B12. Le contrazioni peristaltiche dello stomaco e dello sfintere pilorico favoriscono il successivo rimescolamento degli alimenti costituendo il chimo, che viene immesso nel duodeno.

Intestino
L’intestino tenue, è il segmento più lungo del tratto gastrointestinale, di cui rappresenta circa i due terzi. Ha una superficie di circa 7000cm2 e si divide in tre parti:
Il duodeno, nel quale confluisce il dotto biliare comune attraverso l’ampolla di Vater, che consente il passaggio sia delle secrezioni pancreatiche sia di quelle biliari
Il digiuno
L’ileo, che termina con la valvola ileo-cecale

Il duodeno, ricco di ghiandole a secrezione alcalina per contrastare l’acidità gastrica, riceve il chimo dallo stomaco. Nel duodeno confluiscono, per mezzo del dotto comune, il dotto pancreatico e biliare. Il secreto del pancreas contiene enzimi digestivi tra cui tripsina, amilasi e lipasi, che permettono rispettivamente la digestione delle proteine, dei carboidrati e dei lipidi.
La bile secreta dal fegato e contenuta nella colecisti, aiuta l’emulsione dei grassi digeriti rendendoli più assorbibili. Il contenuto intestinale prosegue attraverso il digiuno e l’ileo e, grazie alla sua ampia superficie interna, avviene l’assorbimento di tutti i nutrienti. In particolare, le vitamine e i sali minerali sono assorbiti inalterati senza essere digeriti, i grassi, le proteine, i carboidrati, il sodio e i cloruri vengono assimilati nel digiuno, mentre la vitamina B12 e i sali biliari nell’ileo.

L’intestino crasso ha inizio dalla porzione terminale dell’ileo e termina in corrispondenza dell’orifizio anale. È lungo circa 1,6 metri e si suddivide in tre porzioni:
Intestino cieco con l’appendice vermiforme
Colon (ascendente, trasverso, discendente, sigmoideo)
Retto
La circolazione sanguigna del tratto gastrointestinale è costituita dalle arterie, che hanno origine lungo l’intera estensione dell’aorta toracica e addominale e dalle vene che riportano il sangue dagli organi digerenti (sistema venoso portale) e milza. L’intero l’apparato digerente è innervato sia dalla componente simpatica sia da quella parasimpatica del sistema nervoso autonomo.

La peristalsi intestinale (1) spinge il materiale di scarto residuo, detto chilo, nell’ileo terminale e quindi lentamente nel segmento prossimale del colon, attraverso la valvola ileo-cecale.

Le funzioni principali del crasso sono:

Produzione e assorbimento di vitamine (2) e di alcune sostanze come sodio e cloro e la scissione di materiali altrimenti indigeribili, grazie alla flora batterica residente
Riassorbimento progressivo dell’acqua e formazione di feci consistenti
Accumulo di feci prima della defecazione (retto)
Il retto presenta una prima porzione pelvica dilatata (ampolla rettale) e una seconda porzione più ristretta (canale anale), che attraverso il pavimento pelvico sbocca all’esterno tramite l’orifizio anale nella regione del perineo posteriore.
Nell’intestino crasso (colon) la flora batterica presenta una grande varietà di batteri in grado di utilizzare proteine e peptidi del glutine come nutrienti: “Alimentary protein digestion followed by amino acid and peptide absorption in the small intestinal epithelium is considered an efficient process. Nevertheless, unabsorbed dietary proteins enter the human large intestine as a complex mixture of protein and peptides.53,63 The incomplete assimilation of some dietary proteins in the small intestine has been previously demonstrated, even with proteins that are known to be easily digested (e.g., egg protein).64,65 The high proline content of wheat gluten and related proteins renders these proteins resistant to complete digestion in the small intestine. As a result, many high molecular weight gluten oligopeptides arrive in the lower gastrointestinal tract.66 While gluten peptides pass through the large intestine, proteolytic bacteria could participate in the hydrolysis of these peptides. 81Gluten Metabolism in Humans.

Glutine e colon

by luciano

Gli enzimi digestivi gastro-intestinali riducono “spezzettano” il glutine in frammenti piccoli o/e singoli aminoacidi che vengono assorbiti nell’intestino tenue o piccolo intestino attraverso i villi intestinali. Ma solo i più piccoli potranno essere digeriti, gli altri, in individui sani, attraversano l’intestino crasso [1] dove, partre di essi, verranno fermentati dalla flora batterica e trasformati in nutrienti; altri verranno eliminati con le feci.
1 – La ricerca “Diversity of the cultivable human gut microbiome involved in gluten metabolism: isolation of microorganisms with potential interest for coeliac disease” ha evidenziato come alcuni di questi batteri riescano a degradare il glutine trasformandolo in nutrienti utili per l’intestino stesso.
Abstract. “Gluten, a common component in the human diet, is capable of triggering coeliac disease pathogenesis in genetically predisposed individuals. Although the function of human digestive proteases in gluten proteins is quite well known, the role of intestinal microbiota in the metabolism of proteins is frequently underestimated. The aim of this study was the isolation and characterisation of the human gut bacteria involved in the metabolism of gluten proteins. Twentytwo human faecal samples were cultured with gluten as the principal nitrogen source, and 144 strains belonging to 35 bacterial species that may be involved in gluten metabolism in the human gut were isolated. Interestingly, 94 strains were able to metabolise gluten, 61 strains showed an extracellular proteolytic activity against gluten proteins, and several strains showed a peptidasic activity towards the 33-mer peptide, an immunogenic peptide in patients with coeliac disease. Most of the strains were classified within the phyla Firmicutes and Actinobacteria, mainly from the genera Lactobacillus, Streptococcus, Staphylococcus, Clostridium and Bifidobacterium. In conclusion, the human intestine exhibits a large variety of bacteria capable of utilising gluten proteins and peptides as nutrients [2], [3]. These bacteria could have an important role in gluten metabolism and could offer promising new treatment modalities for coeliac disease.” Diversity of the cultivable human gut microbiome involved in gluten metabolism: isolation of microorganisms with potential interest for coeliac disease. Alberto Caminero et al. Final version published online 3 March 2014. DOI: 10.1111/1574-6941.12295

Note:
[1]- “Alimentary protein digestion followed by amino acid and peptide absorption in the small intestinal epithelium is considered an efficient process. Nevertheless, unabsorbed dietary proteins enter the human large intestine as a complex mixture of protein and peptides.53,63 The incomplete assimilation of some dietary proteins in the small intestine has been previously demonstrated, even with proteins that are known to be easily digested (e.g., egg protein).64,65 The high proline content of wheat gluten and related proteins renders these proteins resistant to complete digestion in the small intestine. As a result, many high molecular weight gluten oligopeptides arrive in the lower gastrointestinal tract.66 While gluten peptides pass through the large intestine, proteolytic bacteria could participate in the hydrolysis of these peptides. 81Gluten Metabolism in Humans. Alberto Caminero, … Javier Casqueiro, in Wheat and Rice in Disease Prevention and Health, 2014”
[2], [3] – “Considering the characteristics of gut microbiota such as the large diversity, the stability and resilience, and the symbiotic interaction with the host, we can define the host and the microorganisms inhabiting it as a “superorganism” [8,9] which performs immune and metabolic functions [1]. Gut bacteria are key regulators of digestion along the gastrointestinal tract; commensal bacteria play an important role in the extraction, synthesis, and absorption of many nutrients and metabolites, including bile acids, lipids, amino acids, vitamins, and short-chain fatty acids (SCFAs). Gut microbiota have a crucial immune function against pathogenic bacteria colonization inhibiting their growth, consuming available nutrients and/or producing bacteriocins. Gut microbiota also prevent bacteria invasion by maintaining the intestinal epithelium integrity [10]. Microorganisms prevent pathogenic colonization by many competition processes: nutrient metabolism, pH modification, antimicrobial peptide secretions, and effects on cell signaling pathways. Moreover, recent studies have identified a critical role for commensal bacteria and their products in regulating the development, homeostasis, and function of innate and adaptive immune cells [11]. It is paradoxical to note that the gut microbiota functions are highly preserved between individuals, whereas each individual’s gut microbiota are characterized by a specific combination of bacterial species due to inter-individual and intra-individual variations throughout human life. What is the Healthy Gut Microbiota Composition? A Changing Ecosystem across Age, Environment, Diet, and Diseases. Emanuele Rinninella et al. Published online 2019 Jan 10. doi: 10.3390/microorganisms7010014. PMCID: PMC6351938”

Zucchero e salute

by luciano

A cosa servono gli zuccheri? Il nostro organismo consuma glucosio: è il nostro substrato energetico per eccellenza, in quanto è la sostanza utilizzata dalle cellule per produrre l’energia necessaria al proprio funzionamento ma…….

Lo studio “Dietary sugar consumption and health” ha evidenziato associazioni significative tra lo zucchero e sei tumori (mammella, prostata e pancreas), 10 malattie cardiovascolari (ipertensione, infarti e ictus), 18 patologie del metabolismo (diabete, gotta e l’obesità) e 10 patologie di altro tipo (tra le quali la carie, la depressione e l’asma). Forte relazione anche tra zucchero aggiunto e accumulo di grasso nei muscoli e nel fegato.

In sintesi:

“The search identified 73 meta-analyses and 83 health outcomes from 8601 unique articles, including 74 unique outcomes in meta-analyses of observational studies and nine unique outcomes in meta-analyses of randomised controlled trials. Significant harmful associations between dietary sugar consumption and 18 endocrine/metabolic outcomes, 10 cardiovascular outcomes, seven cancer outcomes, and 10 other outcomes (neuropsychiatric, dental, hepatic, osteal, and allergic) were detected. Moderate quality evidence suggested that the highest versus lowest dietary sugar consumption was associated with increased body weight (sugar sweetened beverages) (class IV evidence) and ectopic fatty accumulation (added sugars) (class IV evidence). Low quality evidence indicated that each serving/week increment of sugar sweetened beverage consumption was associated with a 4% higher risk of gout (class III evidence) and each 250 mL/day increment of sugar sweetened beverage consumption was associated with a 17% and 4% higher risk of coronary heart disease (class II evidence) and all cause mortality (class III evidence), respectively. In addition, low quality evidence suggested that every 25 g/day increment of fructose consumption was associated with a 22% higher risk of pancreatic cancer (class III evidence).”

Le conclusioni dello studio:
High dietary sugar consumption is generally more harmful than beneficial for health, especially in cardiometabolic disease. Reducing the consumption of free sugars or added sugars to below 25 g/day (approximately 6 teaspoons/day) and limiting the consumption of sugar sweetened beverages to less than one serving/week (approximately 200-355 mL/ week) are recommended to reduce the adverse effect of sugars on health.

Le raccomandazioni dell’OMS sullo zucchero
L’Oms, raccomanda di non superare il 10% (o ancora meglio il 5%) dell’apporto calorico quotidiano con gli zuccheri, peraltro in linea con quelle dell’American Institute for Cancer Research e del World Cancer Research Fund. Tutti giungono alla stessa dose-limite dei sei cucchiaini o 25 grammi di zucchero al giorno e, per quanto riguarda le bevande zuccherate, meno di una (da 200-355 ml) a settimana.
“Dietary sugar consumption and health: umbrella review. Yin Huang et al.
BMJ 2023;381:e071609 | doi: 10.1136/bmj-2022-071609”

Approfondimento:

Riportiamo per intero un dettagliata presentazione/analisi riguardante gli zuccheri della Prof.ssa Simona Bertoli (Direttore Centro Ambulatoriale Obesità dell’Ospedale di Piancavallo (VB)- Direttore Centro Dieta Chetogenica)

Zuccheri: a cosa servono e quando ci fanno male

“Gli zuccheri possono essere semplici o complessi, e ne esistono di diversi tipi. Per il nostro organismo sono fondamentali, se assunti nella giusta quantità.
Zuccheri semplici e zuccheri complessi
Le tipologie di zucchero
A cosa servono gli zuccheri?
La giusta quantità di zuccheri al giorno
A cosa corrisponde il 15% di zuccheri semplici?
I dolcificanti
Quanti zuccheri ci sono nelle bevande dolci?
Gli zuccheri e il buon umore
Zuccheri semplici e zuccheri complessi
Distinguiamo gli zuccheri o carboidrati in due grandi categorie: zuccheri semplici e zuccheri complessi. Gli zuccheri semplici sono una famiglia caratterizzata da monosaccaridi e disaccaridi, presenti in svariati alimenti:
il glucosio è il monosaccaride che consumiamo maggiormente, ma raramente in forma pura;
il fruttosio è un monosaccaride contenuto prevalentemente nella frutta e in parte nel miele;
il galattosio è un monosaccaride contenuto prevalentemente nel latte.
Tra i disaccaridi:
il saccarosio, formato dal glucosio e dal fruttosio;
il lattosio, che si trova nel latte, e una volta digerito si trasforma in lattosio, glucosio e galattosio;
il maltosio, formato da due molecole di glucosio.
Sia gli zuccheri semplici, sia gli zuccheri complessi, vengono trasformati dalla digestione in monosaccaridi e il loro apporto calorico è sempre di 4 kcal per grammo.  
Lo zucchero complesso più consumato è l’amido, un polisaccaride contenuto nelle patate, nei legumi e nei cereali.
Le tipologie di zucchero
Zucchero bianco, zucchero di canna, dolcificante, fruttosio, miele: cosa scegliere quando siamo al bar? Qual è l’equilibrio migliore tra sapore dolce e apporto calorico?
La bustina di zucchero del bar è solo saccarosio: non contiene vitamine, minerali, o sostanze nutritive protettive. E tra quello bianco e quello di canna non cambia molto in termini calorici.
Il fruttosio dà meno calorie perché ha un maggiore potere dolcificante, quindi ne serve di meno: infatti le bustine di fruttosio sono più piccole.
I dolcificanti artificiali: ormai la convinzione generale è che meno se ne consumano e meglio è. Quelli naturali, come per esempio i polialcoli, (eritritolo, mannitolo, isomalto, lattitolo, xilitolo, sorbitolo maltitolo)  possono essere una strategia. Bisogna fare attenzione perché possono avere un effetto lassativo se consumati in grandi quantità, causando gonfiore, gas intestinale e diarrea.
Nel miele, oltre allo zucchero che è la ragione per cui lo percepiamo dolce, ci sono anche molecole nutritive alle quali sono stati attribuiti effetti protettivi sulla salute, con proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. Il miele, quindi, rispetto allo zucchero in bustina è considerato migliore, perché oltre ad avere il glucosio e il fruttosio, ha anche delle sostanze nutritive che il saccarosio non ha.
A cosa servono gli zuccheri?
Il nostro organismo consuma glucosio: è il nostro substrato energetico per eccellenza, in quanto è la sostanza utilizzata dalle cellule per produrre l’energia necessaria al proprio funzionamento. La glicemia è il valore che indica la concentrazione del glucosio nel sangue.

Gli zuccheri complessi, i polisaccaridi, contenuti nel pane, nella pasta, nei legumi, vengono digeriti e assorbiti molto lentamente, soprattutto se sono integrali, perché la fibra ne rallenta l’assorbimento. La glicemia salirà poco e lentamente, per poi scendere sotto effetto dell’insulina.
Gli zuccheri semplici, invece, non hanno bisogno di essere digeriti e vengono assorbiti molto velocemente. La glicemia sale  più velocemente e si raggiunge quello che si chiama picco glicemico. Per gestire questo pasto serve molta più insulina e un super lavoro del pancreas per produrla. In particolare i diabetici, o coloro che hanno un’alterazione del metabolismo del glucosio, devono fare molta attenzione alle quantità assunte giornalmente.
Un consumo eccessivo di zuccheri può avere conseguenze sulla salute, aumentando il rischio di:
obesità;
diabete;
malattie metaboliche croniche associate allo sviluppo di complicanze renali, cardiache, neurologiche, ortopediche.

Prodotti senza glutine e salute umana

by luciano

In evidenza:
1 -Nei prodotti senza glutine sono state riscontrate carenze nutrizionali di minerali essenziali come ferro, zinco magnesio e calcio, e per contro sono stati rilevati elevati contenuti di lipidi saturi
2 – I prodotti industriali senza glutine contengono in molti casi oli di palma e di palmisti
3 – Nonostante i miglioramenti nella formulazione dei GFP negli ultimi anni, il loro profilo di macronutrienti suggerisce che contengano differenze marcate e non possano essere considerati equivalenti dal punto di vista nutrizionale rispetto alle loro controparti contenenti glutine
4 – I grassi buoni includono grassi monoinsaturi e polinsaturi. Quelli cattivi includono i grassi trans di produzione industriale
5 – Nel 2015, la FDA ha dichiarato che i grassi trans non sono “generalmente riconosciuti come sicuri” e dovevano essere gradualmente eliminati entro il 201
6 -Un recente studio, pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology ha valutato per la prima volta l’associazione tra emulsionanti e rischio di sviluppare diabete di tipo 2

A – Nutritional quality and costs of gluten-free products: a case-control study of food products on the Norwegian marked. 2021. Mari C. W. Myhrstad, Marlene Slydahl, Monica Hellmann, Lisa Garnweidner-Holme, Knut E. A. Lundin et al.

Background: Celiac disease is a chronic autoimmune disease triggered by gluten exposure in genetically predis- posed individuals. A life-long intake of a gluten-free (GF) diet is required for its management. Wheat, rye and barley are eliminated in a GF diet and the nutritional adequacy of the diet has been questioned. In Norway, cereals and bread constitute a key role of the diet and are the main source of fiber intake. Gluten restrictions may therefore offer important implications for nutrient adequacy especially linked to fiber intake in people with celiac disease.
Objective: The aim of the study was to investigate the nutritional quality and price of GF products and com- pare with gluten-containing counterparts available at instead of in the Norwegian market.

….omissis

The current study clearly shows that GF products compared to equivalent gluten-containing products contain less protein and fiber, and more carbohydrate, saturated fat and salt. Furthermore, GF compared to gluten-containing products are more expensive. To our knowledge, this is the first study comparing GF products at the Norwegian market with gluten-containing counterparts.

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B – Review on chemical composition of gluten-free food for celiac people. Antonella Maggio, Santino Orecchio and Salvatore Barreca. Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche, Università di Palermo, Viale delle Scienze, I-90128 Palermo, Italy. Integr Food Nutr Metab, 2019. Published: January 25, 2019.

Abtract: Gluten free food lead to possible nutrient unbalance resulting in improper nutritional quality of diet. The aim of this review is to show and discuss the composition of main components of common gluten free products in order to provide doctors and nutritionists the necessary data to compile balanced diets for users of gluten-free products and to determine their contribution to the daily intake of nutrients and micro elements. Special emphasis has been addressed to metal contents, fatty acid profiles and fibers.

……omissis

Conclusions
Most of the nutritional data reported in literature, are based on food labels. Few data were obtained by direct chemical analysis of food. In this context, will be necessary to encourage the use of chemical analytical practices in order to provide doctors and nutritionists the necessary data to compile balanced diets for users of gluten-free products and to determine their contribution to the daily intake of nutrients and micro elements. Special emphasis has been addressed to metal contents, fatty acid profiles and fibers.
Literature analysis has highlighted that, the most gluten free food, show a deficit of nutrients in term of concentrations. At this regard, an inadequate nutritional value of the GF-diet was observed from several authors. In detail, it was founded nutrient deficiencies for essential minerals such as iron, zinc magnesium and calcium, and on another hand high content of saturated lipids were detected.
Furthermore, the dietary-therapeutic approach should encourage the use of naturally gluten free products such as pseudo-cereals and fruits concerning to metal contents, and fish or seafood regarding fatty acids, especially for sutured and unsatured fatty acid ratio.
Moreover, alimentary education should become part of the therapeutic pathway to understand the importance of labels, choice of food and combination of macro and micronutrients.

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C – Fatty Acid Composition of Gluten-Free Food (Bakery Products) for Celiac People. Antonella Maggio and Santino Orecchio. Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche, Università di Palermo, Viale delle Scienze, I-90128 Palermo, Italy; antonella.maggio@unipa.it. Correspondence: santino.orecchio@unipa.it; Tel.: +39-91-2389-7968. Foods. Published: 20 June 2018

Abstract: The aim of this study (first analytical approach) was to obtain data concerning the fatty acid composition of gluten-free foods (bakery products) for celiac people. The study included 35 different products (snacks, biscuits, bakery products, pasta, flours, etc.) from several manufacturers. After extraction and esterification, the fatty acid composition was determined by Gaschromatography (GC–MS) Monounsaturated fatty acids (MUFAs) were found to be the major constituents (57%), followed by saturated fatty acids (SFAs) (30%), and polyunsaturated fatty acid (13%). Only 15 of the 35 gluten-free samples analyzed appeared to provide adequate energy intake, while, in 11 samples, saturated fatty acids were found to supply more energy than that recommended by the European Food Safety Authority EFSA. Moreover, data analyses showed that, although gluten-free commercial products are high added-value foods, industrial products in many cases contain palm and palm kernel oils, whereas the local producers generally use the finest raw materials, such as olive oil.

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D – Gluten-Free Products: Do We Need to Update Our Knowledge? Claudia Marmol-Soler. Foods 2022.
It can be concluded that reviewing the nutritional composition of GF foods from time to time is highly relevant since these products, which are in great demand, undergo constant changes in their composition with the aim of improving their nutritional quality. Despite improvements in the formulation of GFPs in recent years, their macronutrient profile suggested they contained marked differences and cannot be considered nutritionally equivalent when compared with their gluten-containing counterparts. Therefore, it is strongly recommended that food companies continue with the reformulation of these products in order to increase their nutritional quality, adapt to market demands, and accordingly provide balanced nutrition to those patients with CD.

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E – The truth about fats: the good, the bad, and the in-between
April 12, 2022. Avoid the trans fats, limit the saturated fats, and replace with essential polyunsaturated fats . Harvard Medical School. https://www.health.harvard.edu/

You may wonder isn’t fat bad for you, but your body needs some fat from food. It’s a major source of energy. It helps you absorb some vitamins and minerals. Fat is needed to build cell membranes, the vital exterior of each cell, and the sheaths surrounding nerves. It is essential for blood clotting, muscle movement, and inflammation. For long-term health, some fats are better than others. Good fats include monounsaturated and polyunsaturated fats. Bad ones include industrial-made trans fats. Saturated fats fall somewhere in the middle.
All fats have a similar chemical structure: a chain of carbon atoms bonded to hydrogen atoms. What makes one fat different from another is the length and shape of the carbon chain and the number of hydrogen atoms connected to the carbon atoms. Seemingly slight differences in structure translate into crucial differences in form and function.
Bad trans fats
The worst type of dietary fat is the kind known as trans fat. It is a byproduct of a process called hydrogenation that is used to turn healthy oils into solids and to prevent them from becoming rancid. Trans fats have no known health benefits and that there is no safe level of consumption. Therefore, they have been officially banned in the United States.
Early in the 20thcentury, trans fats were found mainly in solid margarines and vegetable shortening. As food makers learned new ways to use partially hydrogenated vegetable oils, they began appearing in everything from commercial cookies and pastries to fast-food French fries. Trans fats are now banned in the U.S. and many other countries.
Eating foods rich in trans fats increases the amount of harmful LDL cholesterol in the bloodstream and reduces the amount of beneficial HDL cholesterol. Trans fats create inflammation, which is linked to heart disease, stroke, diabetes, and other chronic conditions. They contribute to insulin resistance, which increases the risk of developing type 2 diabetes. Even small amounts of trans fats can harm health: for every 2% of calories from trans fat consumed daily, the risk of heart disease rises by 23%.

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F- Hydrogenated oil comes in two forms: partially or fully hydrogenated. One use of hydrogenated oil is to preserve the shelf life of food. Partially hydrogenated oil contains trans fat that can raise cholesterol and result in health complications. Food manufacturers use hydrogenated oil as a preservative. They also use it for enhancing flavor and texture.
In 2015, the Food and Drug Administration (FDA)Trusted Source said that partially hydrogenated oil is not safe, and removing it from food could prevent thousands of heart attacks each year.
Partially hydrogenated oil (trans fat)
In the past, manufacturers added partially hydrogenated oils to processed foods.
According to the FDA, foods that used to contain large amounts of artificial trans fat include:
most baked goods
stick margarine
frosting
coffee creamers
snack foods
In 2015, the FDATrusted Source declared that trans fat is not “generally recognized as safe” and had to be phased out by 2018.
However, trans fat may still be present in some foods. According to the American Heart Association (AHA)Trusted Source, trans fat occurs naturally in certain animals, such as cows.
Fully hydrogenated oil
Fully hydrogenated oil also uses a process to take a liquid oil and transform it into a solid at room temperature. As the name suggests, the oil is fully or nearly completely hydrogenated, which reduces the amount of trans fat in the final product. Unlike partially hydrogenated oil, the FDATrusted Source still allow products to use fully hydrogenated oil as of 2018. In 2020, the FDA released certification that states fully hydrogenated rapeseed oil is safe for sparing use in food products. Though hydrogenated oils may be safe, it does not mean they are necessarily good for a person to consume. Products that contain them are often highly processed with added sugar and salt.
From: https://www.medicalnewstoday.com/articles/325266#summary

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G- Nutritional quality and costs of gluten-free products: a case-control study of food products on the Norwegian market. Mari C.W. Myhrstad et al. 2021
Results: The GF products contained less protein and fier, and higher content of saturated fat, carbohydrate and salt compared to the gluten-containing products. The total amount of fat was not different between the groups. A similar pattern was found within several of the food categories. More gluten-containing products met the nutrition claim “high in fier” (fiber > 6 g/100 g) compared to the GF products. The price of the GF products was higher; ranging from 46%–443% more expensive than the gluten-containing products.

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H – Macchine alimentari – Prodotti e tecnologie per alimenti senza glutine. Anno XVII -1 – Genn. Feb 2015
Idrocolloidi. (H1) Tra le ultime novità che possono soddisfare queste esigenze troviamo, come sopra citati, gli idrocolloidi, che si stanno affermando con maggiore forza nel settore bakery. Queste sostanze, infatti, permettono di ottenere prodotti con lunga shelf life, inserimento di farine integrali e fibre, l’assenza di grassi trans e non ultimo l’assenza di glutine. Gli idrocolloidi, come il termine fa presagire, sono molecole in grado di legare acqua in grandi quantità; tra i più usati nei prodotti da forno vi sono la gomma di xantano, la pectina, le cellulose modificate e i frutto- e galatto-oligosaccaridi. Alcune di queste sostanze sono considerate fibre alimentari, in grado di stimolare il senso di sazietà e avere effetti positivi sulla funzionalità intestinale: la loro presenza si può configurare, pertanto, co- me aggiunta di sostanze benefiche al prodotto. Spesso gli idrocolloidi ottengono il loro effetto tecnologico-funzionale nel prodotto anche se aggiunti agli impasti in piccole quantità, per esempio minori dell’1% del totale degli ingredienti in polvere. Negli impasti di pane e altri prodotti da forno gli idrocolloidi aiutano, in fase produttiva, a migliorare la lavorabilità dell’impasto grazie all’effetto di rapida ed uniforme idratazione dello stesso. Il volume, la struttura e la sofficità dei prodotti finiti sono migliorati. La fragilità è minore, per esempio nel caso di prodotti da forno “spumosi” con elevata presenza di bolle d’aria o presenza di pezzi in sospensione (cioccolato, frutta o frutta secca): tali bolle o pezzi sono stabilizzati all’interno del sistema grazie agli idrocolloidi. In fase di conservazione, poi, c’è un aumento della shelf life dei prodotti grazie al mantenimento di sofficità per tempi più prolungati: la differenza rispetto ai prodotti privi di idrocolloidi è tanto più evidente con il passare del tempo. Pare, infine, che la presenza di idrocolloidi sia anche in grado di influenzare le dimensioni dei cristalli di ghiaccio all’interno degli impasti per pane o altri prodotti semi-cotti durante la loro surgelazione, permettendo di ottenere un prodotto scongelato di migliore qualità.
Omissis…
(H2) Ci sono operazioni unitarie che sono di difficile attuazione per alimenti che non prevedono l’uso di glutine, come per esempio le fasi di estrusione, trafilatura o laminazione che avvengono nella pasta oppure in alcuni prodotti da forno: le sollecitazioni che avvengono in queste fasi necessitano di elasticità da parte dell’impasto, pertanto sono fondamentali formulazioni in grado di sostenere il processo in continuo di un impianto magari pre-esistente.
Omissis….
(H3) Se si confrontano dei cracker senza glutine, si riscontrano formulazioni estremamente semplici, con farine di mais e riso, ed altre più complesse, con l’aggiunta di fecola di patate, destrosio, emulsionanti ed addensanti. Dal punto di vista nutrizionale, è chiaro che l’alimento potrebbe risultare, rispetto al medesimo prodotto convenzionale, maggiormente ricco di zuccheri ed in parte di grassi. Il pane in cassetta, più difficile da realizzare in quanto lievitato, mostra formulazioni piuttosto complesse a base di mais, riso o grano saraceno, amidi, fibre vegetali, proteine, zuccheri, addensanti (tra cui idrocolloidi), emulsionanti, acidificanti. Tale ricettazione implica, a livello nutrizionale, o un aumento di carboidrati di circa il 10- 15% rispetto al prodotto convenzionale della medesima categoria oppure un aumento di grassi, soprattutto saturi, di circa il 30-50%.
Nel campo dolciario, le considerazioni sono più o meno le medesime, in quanto a livello nutrizio- nale, rispetto ai prodotti convenzionali, permangono valori più elevati di carboidrati, soprattutto zuccheri, e grassi, principalmente saturi, per sop- perire alla carenza di viscoelasticità della parte proteica.

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I – Emulsionanti e rischio diabete: lo studio di Lancet
Dopo essere stati accusati di contribuire al rischio di obesità, cancro e malattie cardiovascolari, un’analisi recente condotta sullo studio prospettico di coorte NutriNet Santé li identifica come fattori che aumentano il rischio di diabete di tipo 2.
Sebbene le Autorità Sanitarie considerino sicuro il loro uso in quantità definite, basandosi su criteri di citotossicità e genotossicità, di recente stanno emergendo prove dei loro effetti negativi sul microbiota intestinale, che a sua volta innescano infiammazione e alterazioni metaboliche.
Un recente studio, pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology ha valutato per la prima volta l’associazione tra emulsionanti e rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Gli Autori hanno analizzato i dati di oltre 104 mila adulti arruolati dal 2009 al 2023 a cui è stato chiesto di compilare registri dietetici di 24 ore ogni 6 mesi. L’obiettivo era valutare l’esposizione agli emulsionanti.
L’1% del campione, ha sviluppato diabete di tipo 2 durante il follow up di 6-8 anni.
Dei 61 additivi identificati, sono sette gli emulsionanti ‘attenzionati’ associati a un potenziale aumento del rischio di diabete (occhi, quindi, alle etichette!):
E407 (carragenine totali);
E340 (esteri di poliglicerolo);
E472e (esteri di acidi grassi);
E331 (citrato di sodio);
E412 (gomma di guar);
E414 (gomma arabica);
E415 (gomma di xantano);
oltre ad un gruppo chiamato ‘carragenine’.
Gli additivi emulsionanti sono stati assunti nel 5% da frutta e verdure ultra lavorate (come verdure in scatola e frutta sciroppata), nel 14.7% da torte e biscotti, nel 10% da prodotti lattiero-caseari.
Tre conseguenze sottolineate dal prof. Angelo Avogaro, Presidente SID
1. La necessità di contenere il consumo di cibi ultra-processati;
2. l’appello a una maggiore attenzione alle etichette;
3. la necessità di chiedere una regolamentazione più stringente allo scopo di proteggere i consumatori.
“Sebbene siano necessari ulteriori studi a lungo termine, le alterazioni del microbiota intestinale, fanno ritenere che potrebbe essere necessario rivedere gli RDA (Recommended Daily Allowance, livelli giornalieri di assunzione). Precedenti prove che legavano l’assunzione di carragenina all’infiammazione intestinale hanno portato l’JECFA a limitarne l’uso nelle formule e negli alimenti per neonati. Stiamo assistendo a un preoccupante aumento del diabete di tipo 2 anche tra bambini e adolescenti” sottolinea la Prof.ssa Raffaella Buzzetti, Presidente eletto SID.
References

Food additive emulsifiers and the risk of type 2 diabetes: analysis of data from the NutriNet-Santé prospective cohort study. The Lancet Diabete and Endocrinology, volume 12, issue 5, p339-349, May 2024