Header Image - Gluten Light

Daily Archives

2 Articles

Sensibilità al glutine. Frumento: produzione, preparazione e consumo consapevole per il benessere intestinale

by luciano

Congresso promosso dal Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS (Roma) anno 2023

Mettere insieme mondi apparentemente distanti che affrontano con ottiche diverse lo stesso argomento: la ‘sensibilità’ al glutine, che sta esplodendo in tutto il mondo occidentale. È da questo pensiero che nasce il congresso “Il frumento. Produzione, preparazione e consumo consapevole per il benessere intestinale, che si svolgerà domani, giovedì 28 settembre 2023, presso l’Aula Brasca del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. Un incontro a più voci che per la prima volta mette insieme il mondo dell’agraria, della produzione, intesa come lavorazione e processazione industriale del frumento e quello della clinica. Realtà parallele che fanno ottima ricerca, ognuna nel rispettivo settore, ma che raramente si incontrano e si confrontano. “Stiamo assistendo a livello mondiale – spiega il professor Giovanni Cammarota, Direttore della Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia presso la Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Associato di Gastroenterologia della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, co-presidente del congresso insieme ai professori Stefania Masci, genetista agraria, DAFNE, Università della Tuscia, Vice Presidente della Società di Genetica Agraria, e Antonio Gasbarrini, Direttore della Unità Operativa Complessa di Medicina Interna e Gastroenterologia presso la Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Ordinario di Medicina Interna della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – a un’esplosione del marketing dei prodotti ‘gluten-free’, legata a una vera e propria ‘epidemia’ di intolleranza al glutine”. Ma quanto c’è di ‘moda’ o di suggestione e quanto di solida realtà scientifica? “Le patologie conosciute legate al frumento (celiachia, gluten-sensitivity, allergia al frumento) – afferma il professor Cammarota – hanno una prevalenza che va dall’1 al 5%. Ma accanto a questo, si stima che a livello globale non meno del 10-15% delle persone si auto-diagnostichi una ‘intolleranza al glutine’ (in Italia il 12%) e quindi auto-escluda il glutine dalla propria dieta. E questo riguarda soprattutto i millennial e la generazione Z (fino al 15% di autodiagnosi), mentre nei baby boomer il fenomeno si attesta al 4%”.
Una possibile spiegazione di questo boom di intolleranza al glutine potrebbe essere legata all’industrializzazione della produzione del frumento. “I meccanismi che possono indurre sensibilità al glutine- spiega il professor Cammarota – sono ben conosciuti; ma bisogna prendere in considerazione anche tante altre proteine contenute nel frumento, in grado di indurre una sensibilizzazione. Grande interesse è appuntato al momento sui cosiddetti ‘fattori anti-nutrizionali’ (ANF) del frumento, quali fitati, tannini, amylase/trypsin inhibitors (ATIs) e tanti altri”. Queste proteine hanno la funzione specifica di proteggere del frumento dai suoi nemici naturali, ma allo stesso tempo possono rallentare la digestione delle proteine, dei carboidrati e delle molecole presenti nel frumento stesso, oltre che interferire con l’assorbimento di biomolecole (es. ferro e zinco), riducendone la biodisponibilità. Una modalità per neutralizzare questi anti-nutrizionali – prosegue il professor Cammarota – potrebbe essere ad esempio quella di prolungare i tempi di fermentazione del frumento, a temperatura controllata. Ma un aumento eccessivo della domanda, può portare ad una minore attenzione alla processazione del frumento; in questo caso questi anti-nutrizionali non vengono neutralizzati e possono provocare una cattiva digestione, ma anche innescare meccanismi infiammatori e di immunità innata nell’organismo”. In altre parole, una domanda eccessiva da parte del mercato, può portare a una scarsa qualità della processazione del frumento. E questo potrebbe essere alla base dell’esplosione della cosiddetta ‘gluten sensitivity’, più che il glutine di per sé.
“Ecco perché – conclude Cammarota – è così importante mettere insieme agrari e clinici (gastroenteologi, nutrizionisti, allergologi, ecc) per far convergere le diverse linee di ricerca su questo obiettivo e studiare la stessa problematica da punti di vista diversi”.
Quando il grano fa ammalare: celiachia, allergia al frumento, sensibilità al glutine
Celiachia: è una patologia ben nota che riguarda l’1% della popolazione italiana (circa 600.000 persone, delle quali si stima che solo un terzo sia stato correttamente diagnosticato) e in crescita; insorge in soggetti geneticamente predisposti (portatori dell’aplotipo HLA DQ2/DQ8, ma il test genetico serve solo per escludere la diagnosi). “L’ingestione di prodotti (frumento, orzo, segale, farro, ecc.) contenenti gliadina (proteina del glutine) – spiega il professor Cammarota – scatena una risposta infiammatoria autoimmune che danneggia la mucosa intestinale e ne riduce la capacità assorbitiva. La diagnosi si basa sul sospetto clinico, sull’analisi sierologica degli anticorpi (anti-endomisio, anti-transglutaminasi di classe IgA e IgG, anti-gliadina deamidata), che va fatta mentre si segue una dieta libera e non gluten free e sulla conferma istologica con la biopsia dei villi duodenali, prelevati attraverso una gastro-duodenoscopia, che evidenzia l’atrofia dei villi intestinali (nei bambini per la diagnosi è sufficiente dimostrare la presenza di anticorpi anti-transglutaminasi superiori di dieci volte la norma). L’unico trattamento è rappresentato per ora da una dieta priva di glutine (gluten-free) che consente di ripristinare i tessuti intestinali danneggiati”.
Allergia al frumento: alcune persone possono presentare un’allergia ad una proteina del grano. È una vera allergia, una reazione immediata scatenata dalle IgE. Si può manifestare con reazioni orticariodi, prurito intenso, dolori addominali forti. Si manifesta in genere nei neonati e nella prima infanzia e tende a scomparire con la crescita. È presente in oltre un terzo dei bambini con dermatite atopica. Negli adulti si manifesta come ‘allergia al glutine del grano a reazione immediata o come anafilassi grano-dipendente indotta dall’esercizio fisico (WDEIA) e in questo caso è destinata a perdurare nel tempo. Il trattamento consiste in una dieta di esclusione dei prodotti del grano o in una terapia desensibilizzante al grano, ricorrendo anche ad antistaminici, cortisonici e farmaci biologici.
Sensibilità al glutine: è un capitolo molto vasto e molto insidioso (se la autodiagnostica fino al 12% degli italiani) e non ci sono marcatori diagnostici obiettivi in grado di intercettarla. “Il paziente – spiega il professor Cammarota –   riferisce sintomi (dolori addominali, gonfiore, nausea, mal di testa, sensazione di stanchezza, disturbi dell’alvo) a seguito dell’ingestione di glutine e si autodiagnostica questa ‘intolleranza’. Si tratta di una condizione molto diffusa, ma di difficile inquadramento diagnostico”. La diagnosi dunque è solo clinica e si confonde con quella del colon irritabile e con i disturbi funzionali. Potrebbe avvalersi di un rechallenge (cioè di una risomministrazione) al glutine, che teoricamente andrebbe però fatta in doppio cieco (cioè né il paziente, né il medico dovrebbero sapere che gli alimenti somministrati contengono il glutine). “Sarebbe importante avere un dialogo continuo con la produzione – afferma il professor Cammarota – per cercare di variare la tipologia di frumento e di glutine e fare dei trial clinici controllati per capire se una certa lavorazione provochi o meno la comparsa dei sintomi.  Questa ondata di ‘sensibilità’ però, come ricordato, potrebbe non essere imputabile alla genetica del frumento (non sarebbe cioè una questione di grani ‘antichi’ o di grani ‘moderni’), quanto piuttosto alle moderne tecniche di produzione e di processamento. Interessante sarebbe anche andare a variare la tipologia del glutine all’interno del frumento, per individuare quello più immunogenico e in grado di stimolare la sensibilità. C’è insomma glutine e glutine, sia in termini di quantità che di qualità”.
Il frumento (o grano) è un cereale molto antico, una tra le prime piante utilizzate dall’uomo in campo alimentare e ancora oggi il cereale alla base della nostra dieta mediterranea.
È fonte di circa metà delle calorie alimentari consumate in tutto il mondo ed è ricco di proteine, fibre, vitamine, minerali e antiossidanti.
Più recentemente, l’uso industriale di pesticidi, fertilizzanti a base di azoto, unitamente al miglioramento genetico, hanno permesso di aumentare la produttività del grano e di ottenere un glutine idoneo alla realizzazione di numerosi prodotti, alcuni dei quali caratterizzanti le zone geografiche di produzione.
La produzione sostenibile, con scarso apporto di sostanze chimiche, unitamente a progetti di espansione e utilizzazione della variabilità genetica del frumento, associati al mantenimento di una elevata qualità tecnologica e nutrizionale, sono quindi i principali target di interesse per il miglioramento del grano ai fini dell’uso alimentare umano.

Pane con farina integrale di grano Perciasacchi

by luciano

Premessa

Il Grano duro Perciasacchi è tra i più antichi grani siciliani e deve il nome al suo culmine appuntito che, in quanto tale, bucava i sacchi di juta che lo contenevano. Si tratta di un grano molto resistente alla siccità. Inoltre, grazie alla sua altezza (1,5- 1,8 m), riesce ad avere la meglio sulle erbe infestanti senza l’ausilio di erbicidi chimici. Contiene tanti microelementi, come il selenio, il ferro e lo zinco, ed è ricchissimo di fibre e dei preziosi polifenoli che combattono i radicali liberi. Tutte sostanze che rimangono intatte durante la lavorazione grazie alla molitura a pietra. Il glutine che si ottiene da questo grano è meno elastico e tenace che seppur riduce la resa in termini di attitudine panificatoria risulta al contempo più digeribile e tollerabile per l’organismo umano. La farina si presenta di colore giallo, stante la presenza di caratenoidi, ed ha granulometria fine. In origine, era diffuso in buona parte della Sicilia. Oggi, invece, viene coltivato prevalentemente in alcune aree della provincia di Agrigento.

Fasi di lavorazione

Sono stati utilizzati 1800gr. di farina integrale per realizzare due pani il primo a forma di filone, il secondo a forma di pagnotta. La farina proviene da grano macinato a pietra a Febbraio 2025.

I due pani sono stati realizzati con la stessa metodica che prevede l’utilizzo di un preimpasto fermentato a 18 gradi per 12 ore e di un impasto finale maturato a freddo (circa 5 gradi) per 20 ore. Segue lievitazione circa 4 ore e cottura.

In relazione al lievito è stato utilizzato per tutti:

1 – lievito madre realizzato con farina di grano monococco (farina integrale passata al setaccio 600 micron) utilizzato solo nella fase del preimpasto con la percentuale del 10% sul totale della farina.

2 – lievito di birra fresco compresso in minima quantità, circa 3 grammi nel preimpasto (800 gr. di farina), e 4 grammi nell’impasto finale (1000gr. Di farina).

3 – Nell’impasto finale oltre alla farina sono stati aggiunti: sale, malto e olio extravergine di oliva.

Note:
Nella manipolazione dell’impasto finale non è stata utilizzata “farina di spolvero” ma olio di oliva per ungere leggermente le mani.

Caratteristiche farina integrale di Perciasacchi: Umidità 13,50; Glutine (quantità )12,00%; indice di glutine (qualità ) 30 (dati forniti dal produttore: Mulino Angelica Modica Sicilia).

Risultati ottenuti:

I due pani sono decisamente ben riusciti sia nel volume che nell’alveolatura; profumo persistente e deciso.

Lavorazione perciasacchi

Pane grano Perciasacchi

Pane grano Perciasacchi Alveolatura

Impasto pane Perciasacchi

 

Impasto Pane perciasacchi

 

 

 

 

Pane grano Perciasacchi

 

 

Mulino Angelica Modica

 

 

 

Grano duro Perciasacchi/Strazzavisazz

Il grano duro Perciasacchi è classificato come Triticum turgidum ssp. Turanicum [1]. E’ varietà da conservazione di frumento di origine siciliana iscritta nel registro nazionale 05/03/2018 (decreto MIPAAF); 31/03/2018 S.G. n. 76 (GURI). Del Perciasacchi si è occupato il Consorzio di Ricerca Ballatore che insieme all’Università della Tuscia che hanno condotto studi sulla genetica del turanico siciliano. Proprio grazie a questi studi e in particolare all’indagine elettroforetica il Perciasacchi, prima ritenuto appartenente alla sottospecie del durum, è stato riclassificato come turanico. Fonte: https://terraevita.edagricole.it/seminativi/grano-duro-in-sicilia-scoppia-la-guerra-per-il-perciasacchi/. Il grano Khorasan, chiamato anche grano turanicum o frumento orientale, è un tipo di grano duro che appartiene alla specie botanica Triticum turgidum ssp.turanicum (classificazione tassonomica). Il nome generico di grano Khorasan deriva dal nome da una regione dell’Iran dove fu descritto per la prima volta nel 1921 e dove ancora adesso si coltiva.
Il grano siciliano Perciasacchi e il Kamut (o Khorasan per intenderci), sono lo stesso tipo di grano, cioè il Triticum turgidum ssp. Turanicum.
Il Perciasacchi, che è uno dei “grani antichi siciliani”, era coltivato in Sicilia (e in altre aree del bacino del Mediterraneo) decine di anni prima che la famiglia Quinn, nel Montana, entrasse in possesso di una manciata di semi, recuperati in Europa nel 1949 per vie traverse e non ben documentate (come si evince dal sito ufficiale). Dalla coltivazione e moltiplicazione di questi semi si è arrivati nel 1990 a registrare lo storico marchio Kamut® presso il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Semi identificati come grano Khorasan [2].
La storia del Perciasacchi è però più antica. Come è noto l’illustre ricercatore siciliano Ugo De Cillis, già nel 1941 annoverava il Perciasacchi nella sua opera “i frumenti siciliani”, descrivendolo come una delle cultivar di frumento coltivata tipicamente in Sicilia.
È opportuno ricordare che altre tipologie di grano simili al Perciasacchi e al Khorasan, quindi Triticum turgidum ssp. Turanicum, erano coltivate, negli stessi anni in cui De Cillis pubblicava il suo libro, anche in altre regioni dell’Italia meridionale e probabilmente anche in altre aree del bacino del Mediterraneo. Alcune di queste, come il Perciasacchi, sono tuttora coltivate negli stessi territori come varietà locali da conservazione” (grani antichi).
Sono distinguibili due tipologie. Di questo grano. Una più adatta alla panificazione, l’altra da preferire per la produzione della pasta.

Studi medici

“Grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), è stato finanziato uno studio di ricerca biomedica con un importo di 6,2 milioni di euro, di cui 850mila euro destinati al team dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara. Questo studio si concentra sul’“Impatto delle diete prive di frumento e a base di cereali antichi su sintomi, qualità della vita e infiammazione nei pazienti con sindrome dell’intestino irritabile”. Il progetto è guidato dal professor Roberto De Giorgio e dal professor Giacomo Caio. L’obiettivo principale è valutare la digeribilità del glutine del grano antico Perciasacchi, noto per le sue caratteristiche organolettiche di alta tollerabilità. La sindrome dell’intestino irritabile, che colpisce circa il 40% della popolazione, è caratterizzata da sintomi come mal di pancia, gonfiore e disturbi dell’alvo, tutti legati a un’alterata funzione intestinale. luglio 24. Da: https://www.siciliaagricoltura.it/2024/07/26/ grani-antichi-ora-si-fa-sul-serio-grazie-al-pnrr-finanziato-uno-studio-per-testare-ladigeribilita-della-farina-prodotta-con-grani-antichi/”.

Argomento Correlato

Sensibilità al glutine. Frumento: produzione, preparazione e consumo consapevole per il benessere intestinale (segue)