Cibo non digerito e infiammazione intestinale
Note riassuntive punti salienti delle ricerche sull’argomento trattato
Premessa (il percorso del cibo: cenni)
Il cibo ingerito inizia il suo percorso nella bocca dove inizia la digestione degli amidi, prosegue nello stomaco dove le proteine vengono scomposte in elementi più piccoli. Passa poi, nell’intestino dove altri enzimi digestivi continuano la digestione degli amidi, delle proteine e dei grassi. Nell’intestino la digestione continua per la presenza di altri enzimi e viene assimilato (l’assimilazione avviene principalmente nell’intestino tenue) attraverso i “villi” che ricoprono le pareti dell’intestino stesso; i nutrienti che attraversano i villi entrano nel circolo sanguigno. Solo il cibo digerito può passare attraverso questa barriera intestinale. In un individuo sano, il cibo (di un pasto equlibrato, sano contenuto non digerito attraversa il colon per poi essere espulso. La funzione del colon è quella di assorbire acqua, nutrienti e di fermentare il cibo non digerito, convertendolo infine nelle feci per l’eliminazione.
8.1. La barriera fisica intestinale
La barriera fisica intestinale è costituita da uno strato (intestino tenue) o da due strati (intestino crasso) di muco, un singolo strato di cellule epiteliali e l’endotelio vascolare[1].
Le cellule epiteliali rappresentano la vera barriera insormontabile a tutte quelle molecole dannose per l’organismo. Ciò è reso possibile dal fatto le cellule epiteliali sono strettamente associate tra loro formando delle giunzioni strette (tight junction). La barriera epiteliale intestinale non è una struttura statica ma dinamica, poiché le sue giunzioni strette possono essere aperte e chiuse in risposta a stimoli esterni ed interni. Importanti regolatori dell’integrità della risposta epiteliale sono la zonulina e le proteine correlate alla zonulina. In presenza di un aumento di microbi nell’intestino tenue, l’attivazione della zonula apre le giunzioni strette lasciando passare molecole dannose (virus, batteri patogeni, parassiti, tossine, antigeni alimentari e cibo indigerito). La superficie esterna delle cellule epiteliali e anche protetta da uno strato di muco che limita il diretto contatto con i microbi. Si ritiene generalmente che l’integrità della barriera mucosa intestinale sia necessaria per evitare la diffusione sistemica dei batteri che popolano il nostro intestino, ma in realtà la ragione principale della presenza della barriera intestinale è impedire che le macromolecole alimentari entrino nel flusso sanguigno senza essere digerite.
Note:
[1]-L’endotelio vascolare è uno strato di cellule endoteliali che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni, dei vasi linfatici e del cuore. Svolge un ruolo cruciale nella regolazione del flusso sanguigno, nella prevenzione della formazione di coaguli e nella comunicazione tra i vasi e i tessuti circostanti.
8.3. Perché la barriera intestinale è necessaria.
In conclusione, la barriera intestinale deve essere impermeabile principalmente alle molecole alimentari non completamente digerite. Ecco perché esiste. Anche la disseminazione microbica deve essere evitata, ma probabilmente non è questa la ragione per cui si è formata la barriera intestinale. La rottura della barriera consente sia alle molecole alimentari non digerite sia alle cellule microbiche di fuoriuscire dall’intestino ed entrare nel flusso sanguigno). Tutte queste condizioni possono innescare una risposta infiammatoria sistemica. Pertanto, la rottura della barriera intestinale deve essere assolutamente evitata.
9. Impatto delle abitudini alimentari sull’integrità della barriera intestinale
E’ sempre più evidente -dalle ricerche scientifiche- che la barriera intestinale deve rimanere integra per evitare le malattie gastrointestinali, autoimmuni ed altro (vedi approfondimento A). È quindi chiaro che è importante evitare o limitare alimenti e farmaci che possono allentare l’integrità della barriera intestinale, comprese situazioni di stress persistenti e preferire i fattori dietetici che possono rafforzare l’integrità della barriera intestinale.
Poiché la disbiosi intestinale dipende principalmente dalle nostre abitudini alimentari e dal nostro stile di vita, siamo noi a causare l’infiammazione intestinale, l’apertura della barriera intestinale e le malattie metaboliche e croniche del nostro tempo. Tra queste è possibile associare alla disbiosi intestinale lo sviluppo di malattie neurodegenerative, che hanno una base infiammatoria.
10. Fattori che aumentano la permeabilità della barriera intestinale
10.1 Glutine
Oggigiorno, è noto che il glutine ha un’azione diretta sulla barriera mucosa dell’intestino [36]. Attiva la proteina zonulina [30], che a sua volta allenta le giunzioni strette e rende la barriera intestinale più permeabile.
È ormai chiaro che la risposta degli anticorpi osservata da Reichelt e Jensen [34] era dovuta al fatto che le proteine della gliadina attraversavano la barriera intatte o solo parzialmente digerite. L’aumentata permeabilità della barriera intestinale causata dal glutine è particolarmente evidente negli individui con sensibilità al glutine non celiaci [36].
Ciò che rende speciale il glutine è che si forma in presenza di acqua dalla gliadina e dalla glutenina presenti nel grano, nella segale e nell’orzo, quindi è presente in alimenti come pane, pizza, dolci, pasta e persino birra. Viene spesso aggiunto anche agli alimenti trasformati [37]. Il glutine è resistente alla digestione. Frammenti di glutine non completamente digeriti possono essere scambiati per una molecola microbica [36], ovvero una proteina dell’adenovirus [38]. Per questo motivo i frammenti di glutine causano il rilascio di zonulina e l’apertura delle giunzioni strette. Allo stesso modo, quando nel flusso sanguigno, il glutine apre un’altra barriera dotata di giunzioni strette: la barriera emato-encefalica (BBB). Quando i frammenti di glutine attraversano la parete intestinale, vengono riconosciuti come una molecola estranea, simile a una proteina virale. In seguito all’apertura della barriera, anche altre molecole alimentari non digerite e microbi la attraversano. Tutti gli invasori innescano una risposta immunitaria. Gli anticorpi contro il glutine e la gliadina possono reagire in modo incrociato con alcune proteine cerebrali e possono promuovere malattie neurodegenerative [39,40].
10.2. Alcol
L’assunzione cronica di alcol favorisce la proliferazione batterica e la disbiosi intestinale [41]. Altera inoltre l’integrità della barriera intestinale riducendo i livelli della molecola antimicrobica REG3, favorendo così l’accesso microbico alla mucosa intestinale [42]. Inoltre, l’alcol interferisce con il metabolismo degli acidi grassi, delle proteine e dei carboidrati, convertendo il NAD+ in NADH che è una molecola pro-infiammatoria.
10.3. L’impatto delle sostanze chimiche presenti negli alimenti trasformati sulla barriera intestinale e sul microbiota intestinale
Gli alimenti trasformati possono contenere diverse sostanze chimiche aggiunte per migliorarne la stabilità nel tempo e l’appeal per il consumatore. Gli additivi possono essere conservanti, aromi artificiali, coloranti, emulsionanti, dolcificanti artificiali e/o antibiotici. Tutti sono dannosi per il microbiota intestinale umano [35,43–46]. Ad esempio, gli emulsionanti alimentari riducono la diversità del microbiota intestinale, favoriscono l’infiammazione e riducono lo spessore dello strato di muco. I dolcificanti non nutritivi (stevia, aspartame e saccarina) hanno un effetto batteriostatico (rallenta o blocca la moltiplicazione batterica “buona”) sul microbiota intestinale. Anche l’assunzione di antibiotici, che può essere presente negli alimenti trasformati, riduce la diversità microbica, ma può anche causare resistenza agli antibiotici. Un problema importante è l’aggiunta agli alimenti trasformati di componenti provenienti da altri alimenti, come lattosio, zucchero, proteine del siero del latte, glutine, lattosio e caseina. Questi ingredienti aggiunti possono rappresentare un sovraccarico di determinati alimenti e causare intolleranze.
Note capitolo 10.3:
Microbiota: rappresenta l’insieme di tutti i singoli microrganismi -dai batteri, ai funghi, ai protozoi fino ai virus- che convivono con il nostro organismo senza danneggiarlo.
Microbioma: ci si riferisce al patrimonio genetico del microbiota, cioè a tutto il DNA e RNA dei microrganismi.
10.4. Effetti della disbiosi intestinale sulla permeabilità della barriera intestinale
Ciò che può danneggiare l’integrità della barriera intestinale è innanzitutto la disbiosi intestinale, spesso associata all’aumento del rapporto Firmicutes/Bacteroidetes e alla diminuzione della diversità microbica complessiva [19,20]. Firmicutes e Bacteroidetes sono i “tipi” batterici più rappresentati nell’intestino. Una disbiosi persistente porta a un aumento del rapporto Th17/Treg e del lipopolisaccaride LPS, innescando l’infiammazione intestinale. Di conseguenza, le giunzioni strette si allentano e la barriera si apre. Ciò che si trova nel lume (intestino) fuoriesce ed entra nel flusso sanguigno: in particolare frammenti di cibo non digerito; microbi, citochine pro-infiammatorie come l’interleuchina 6; e endotossine come LPS, un’endotossina che è un marcatore della traslocazione di batteri gram-negativi [47,48]. Di conseguenza, si sviluppano endotossiemia sistemica, infiammazione sistemica cronica e malattie infiammatorie croniche. Poiché la disbiosi intestinale dipende principalmente dalle nostre abitudini alimentari e dal nostro stile di vita, siamo noi a causare l’infiammazione intestinale, l’apertura della barriera intestinale e le malattie metaboliche e croniche del nostro tempo. Tra queste è possibile associare alla disbiosi intestinale lo sviluppo di malattie neurodegenerative, che hanno una base infiammatoria.
Note capitolo 10.4:
TH17: I linfociti T helper 17 (Th17) sono un sottogruppo di linfociti T helper caratterizzati dalla produzione della citochina interleuchina-17 (IL-17). Hanno un ruolo chiave nella difesa contro le infezioni batteriche e fungine, e sono coinvolti anche in alcune malattie autoimmuni.
Treg: I linfociti T regolatori (Treg) sono una classe di linfociti T che svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione del sistema immunitario, aiutando a mantenere l’equilibrio e a prevenire reazioni immunitarie eccessive.
1 -Infiammazione intestinale cronica
L’infiammazione è un processo di difesa innato e non specifico [2,3]. Si verifica in risposta alla presenza di materiale estraneo (non-self), o come conseguenza di danni tissutali causati da agenti fisici, chimici o biologici, o da anomalie come l’incapacità di eliminare le scorie o di digerire i nutrienti. Se la causa dell’infiammazione persiste, anche l’infiammazione persiste, solitamente con bassa intensità, e viene chiamata infiammazione cronica di basso grado.
2 – Il cibo è soggetto attivo
Fondamentalmente, il cibo può influenzare il nostro stato di salute in due modi: (1) intervenendo sulla barriera intestinale e quindi contribuendo alla rottura della barriera emato-encefalica e al metabolismo, e/o (2) condizionando la composizione del nostro microbiota intestinale (Figura 2). L’azione delle nostre abitudini alimentari sia sul metabolismo che sul microbiota intestinale può prevenire o diminuira l’infiammazione cronica.
Come vedremo l’infiammazione cronica è correlata a varie malattie croniche del nostro tempo, comprese quelle neurodegenerative.
3 – Gli effetti del cibo sul microbiota intestinale umano
Il microbiota intestinale dipende da noi per il suo sostentamento; infatti, il cibo che scegliamo di mangiare determina la composizione del microbiota intestinale, nutrendo una o l’altra popolazione microbica e favorendone così la crescita [21–24].
Per spiegare come l’assunzione di cibo determini la composizione del nostro microbiota intestinale, per semplicità possiamo ridurre le nostre abitudini alimentari a due soli tipi di dieta: (1) la dieta vegetariana [VD], che è una dieta ipocalorica e ricca di fibre; e (2) la dieta “occidentale” [WD], che è una dieta ipercalorica, prevalentemente carnivora, ricca di acidi grassi saturi e carboidrati raffinati, e spesso associata ad alimenti trasformati industrialmente [25]. La [VD] è adatta solo a quelle popolazioni microbiche intestinali in grado di digerire i carboidrati complessi delle fibre, che non possiamo degradare. Le fibre rappresentano il carburante ideale per i batteri appartenenti al tipo Bacteroidetes, come la Prevotella. In cambio, producono molecole utili, come gli SCFA, in particolare il butirrato [26].
I batteri [VD] sono associati all’eubiosi intestinale, all’elevata biodiversità, all’integrità della barriera intestinale e alla salute umana. Il caso della dieta occidentale, povera di fibre, è ovviamente diverso. La dieta occidentale è preferita dalle popolazioni microbiche che non possiedono i meccanismi per la digestione dei carboidrati complessi presenti nelle fibre. L’alimentazione dei batteri [WD], più adatti a raccogliere l’energia assunta in eccesso con la dieta occidentale, porta alla produzione di acidi biliari, tossici per molti batteri [VD]. Pertanto, la relazione reciproca tra le diverse popolazioni microbiche viene persa. Il risultato è una significativa diminuzione della biodiversità del microbiota e uno stato disbiotico che se persiste nel tempo è la premessa per l’infiammazione intestinale. Per evitare la disbiosi e l’infiammazione intestinale, è opportuno preferire una dieta prevalentemente vegetariana. È opportuno sottolineare a questo punto che in condizioni di salute il cibo interagisce con il microbiota intestinale anche se non è completamente digerito, mentre i suoi effetti sul metabolismo si verificano solo attraverso le molecole completamente digerite, dopo l’assorbimento e quindi al di fuori dell’intestino.
4. Il microbiota intestinale
L’intestino umano è colonizzato da un numero enorme di microbi diversi: batteri, virus e funghi che costituiscono nel loro insieme il microbiota intestinale.
Ognuno di noi ha il proprio microbiota, diverso da tutti gli altri come un’impronta digitale [15–17], una diversità che deriva da fattori quali il genotipo dell’ospite, il sesso, il parto vaginale o cesareo, l’età, le condizioni ambientali non alimentari, gli stress, i farmaci, le malattie e soprattutto le abitudini alimentari. Poiché il microbiota intestinale umano dipende da così tanti fattori, la sua composizione cambia continuamente ogni giorno.
In condizioni di salute, le diverse popolazioni microbiche vivono in un rapporto armonico e mutualistico con se stesse e con l’ospite. In questa condizione, chiamata “eubiosi”, l’ecosistema intestinale è ben bilanciato. Lo stato eubiotico è caratterizzato da un’elevata diversità microbica, con una marcata prevalenza di microbi potenzialmente benefici per l’organismo, in quanto influenzano praticamente tutte le funzioni intestinali: digestione e produzione di energia, immunità mucosale, integrità della barriera intestinale, protezione dai patogeni, produzione di vitamine e altri metaboliti utili, come gli acidi grassi a catena corta (SCFA). Inoltre, nello stato eubiotico la composizione del microbiota intestinale è benefica per la funzionalità di tutti gli organi dell’ospite, incluso il cervello.
5. Effetti del cibo sul microbiota intestinale
Il microbiota intestinale dipende da noi per il suo sostentamento; infatti, il cibo che scegliamo di mangiare determina la composizione del microbiota intestinale, nutrendo una o l’altra popolazione microbica e favorendone così la crescita [21–24].
Per spiegare come l’assunzione di cibo determini la composizione del nostro microbiota intestinale, per semplicità possiamo ridurre le nostre abitudini alimentari a due soli tipi di dieta fondamentali: (1) la dieta vegetariana [VD], che è una dieta ipocalorica e ricca di fibre; e (2) la dieta animale “occidentale” [WD], che è una dieta ipercalorica, prevalentemente carnivora, ricca di acidi grassi saturi e carboidrati raffinati, e spesso associata ad alimenti trasformati industrialmente [25]. La [VD] è adatta solo a quelle popolazioni microbiche intestinali in grado di digerire i carboidrati complessi delle fibre, che non possiamo degradare. Le fibre sono il carburante ideale per i batteri appartenenti al tipo Bacteroidetes, come la Prevotella. In cambio, producono molecole utili, come gli SCFA, in particolare il butirrato [26]. I batteri [VD] sono associati all’eubiosi intestinale, all’elevata biodiversità, all’integrità della barriera intestinale e alla salute umana. Il caso della dieta occidentale, povera di fibre, è ovviamente diverso. La dieta occidentale è preferita dalle popolazioni microbiche che non possiedono i meccanismi per la digestione dei carboidrati complessi presenti nelle fibre. L’alimentazione dei batteri [WD], più adatti a raccogliere l’energia assunta in eccesso con la dieta occidentale, porta alla produzione di acidi biliari, tossici per molti batteri [VD]. Pertanto, la relazione reciproca tra le diverse popolazioni microbiche viene persa. Il risultato è una significativa diminuzione della biodiversità del microbiota e uno stato disbiotico, che è la premessa per l’infiammazione intestinale, se persiste nel tempo. Per evitare la disbiosi e l’infiammazione intestinale, è opportuno preferire una dieta prevalentemente vegetariana. È opportuno sottolineare a questo punto che in condizioni di salute il cibo interagisce con il microbiota intestinale anche se non è completamente digerito, mentre i suoi effetti sul metabolismo si verificano solo attraverso le molecole completamente digerite, dopo l’assorbimento e quindi al di fuori dell’intestino.
6. Dieta infiammatoria e dieta antinfiammatoria
Come mostrato nella Figura 3, la dieta occidentale, ad alto contenuto energetico, è tipicamente pro-infiammatoria, ricca di grassi animali saturi, carni rosse, patatine fritte, snack e margarine (acidi grassi trans), bevande zuccherate e zuccheri semplici, sale, cibi lavorati e condimenti elaborati. La dieta occidentale è spesso associata a uno stile di vita sedentario ed è caratterizzata dalla scarsità di fibre. Anche l’assunzione di alcol e il fumo sono pro-infiammatorie.
Gli alimenti trasformati sono pro-infiammatori perché possono contenere diversi metalli chimici aggiunti, pesticidi, aromi artificiali, coloranti, erbicidi e conservanti, che hanno effetti deleteri sugli emulsionanti, antibiotici e, inoltre, metalli pesanti, microbiota e vitamine. Additivi: aromi artificiali, coloranti, conservanti, emulsionanti, antibiotici e, inoltre, alti livelli di vitamina D. Pesticidi ed erbicidi, che hanno effetti deleteri sul microbiota intestinale e sui livelli di vitamina D.
La Figura 4 mostra i fattori attivi della dieta antinfiammatoria, principalmente vegetariana e ricca di fibre. Questa dieta, dieta, che è intesa come essere povera di pane e caseinati, caseinati, si basa sull’assunzione di verdura, frutta, verdura. La Figura 4 mostra i fattori attivi della dieta antinfiammatoria, principalmente vegetariana e ricca di funghi, legumi, pesce, molluschi, crostacei, pasta integrale, cioccolato fondente, yogurt magro, frutta, funghi, legumi, pesce, molluschi, crostacei, pasta integrale, cioccolato fondente, fibre magre. Questa dieta, che è intesa come essere povera di pane e caseinati, si basa sull’assunzione di verdura, yogurt, spezie, spezie, olio extravergine di oliva, olio di caffè, caffè e thé.
Figura 4. Fattori dietetici antinfiammatori. I fattori intrinseci sono quelli che svolgono un ruolo nel nostro metabolismo. Includono: omega-3 (PUFA n-3), presenti nell’olio di pesce; vitamine A e D, B12, PP, E e C; oligoelementi come magnesio, zinco e selenio; vitamine A e D, B12, PP, E e C; oligoelementi come magnesio, zinco e selenio; presenti nel metabolismo tiolico. acidi come: acido alfa-lipoico omega-3 (ALA), N-acetil cisteina polinsaturi a catena lunga e glutatione. acidi grassi I fattori estrinseci sono oligoelementi come magnesio, zinco e selenio; l’olio di pesce; polifenoli, vitamine A e fitochimici D, B12, PP, E e C presenti nelle verdure: hanno proprietà antinfiammatorie e regolano positivamente il catabolismo, ma sono riconosciuti dal nostro metabolismo come molecole “estranee”. Tuttavia, come mostrato di seguito, rappresentano una fonte di cibo per il microbiota intestinale. Prebiotici e probiotici sono citati qui per la loro azione antinfiammatoria, ma i loro effetti si esercitano principalmente attraverso il microbiota intestinale.
7. Cos’è il cibo e perché deve essere digerito
Essendo di origine diversa dalla nostra, tessuti, cellule e proteine del cibo non possono essere utilizzati così come sono, devono essere degradati in molecole semplici dall’apparato digerente nel tratto gastrointestinale (il recipiente di reazione) e poi assorbiti. Ecco perché il cibo deve essere digerito prima di essere assorbito: è non-self prima della digestione e diventa self quando la digestione è completa. Solo le molecole completamente digerite ci sono congeniali, sono riconosciute come self e possono entrare nel nostro metabolismo dopo il loro asorbimento.
11.3. Vitamine
È stato recentemente dimostrato che la vitamina A migliora l’integrità della barriera intestinale, anche in presenza di infiammazione intestinale e livelli elevati di LPS. Sembra contrastare l’azione dell’LPS e aumentare l’espressione delle proteine delle giunzioni strette [78].
Tuttavia, la vitamina A non è sufficiente. Come riportato nella nostra precedente revisione [25], la vitamina A e la vitamina D hanno effetti antinfiammatori sinergici e dovrebbero essere somministrate insieme. Ciò non sorprende, poiché entrambe sono liposolubili e spesso presenti insieme nello stesso alimento. I loro recettori nucleari cooperano se entrambe le vitamine si legano a loro. Le funzioni condivise della vitamina A e della vitamina D includono il potenziamento delle proteine delle giunzioni strette, la soppressione di IFN-γ e IL-17 e l’induzione delle cellule T regolatorie (Treg) [79]. Infine, le vitamine A e D sono efficaci contro l’infiammazione cronica e favoriscono la stabilità della barriera intestinale. La loro azione sul microbiota non è diretta poiché i loro recettori nucleari sono espressi solo dall’ospite, non dal microbiota. La carenza di vitamina D porta alla rottura della barriera intestinale, alla disbiosi intestinale e all’infiammazione intestinale [80].
12. Dalla disbiosi intestinale alla rottura della barriera emato-encefalica e all’infiammazione cerebrale
Il microbiota intestinale e le molecole di cibo non digerito cooperano nell’attacco alla barriera emato-encefalica
A prima vista, può sembrare strano che una condizione disbiotica intestinale possa portare al danno della barriera emato-encefalica (BEE). Tuttavia, nel corso di una disbiosi intestinale protratta, il normale dialogo tra intestino e SNC (central nervous system) [86–88] viene in qualche modo interrotto dalle molecole che fuoriescono dal lume intestinale e si riversano nel flusso sanguigno, innescando un’infiammazione sistemica cronica. La formazione di anticorpi contro le molecole di cibo non digerito, che assomigliano ad alcune proteine cerebrali, può indirizzare i processi pro-infiammatori verso la BEE e causarne la rottura. Infatti, ciò che è stato in grado di rendere la barriera intestinale più permeabile può avere lo stesso effetto anche sulla BEE. La sede della barriera ematoencefalica (BEE) sono i capillari cerebrali. Le loro cellule endoteliali sono fuse tra loro dalle giunzioni strette tra le proteie claudine, occludina e zona occludente, come nella barriera intestinale. Pertanto, il passaggio di molecole e cellule tra il sangue e il cervello è assolutamente limitato. In condizioni normali, solo le molecole idrofobiche e quelle dotate di un sistema di trasporto specifico (ad esempio, D-glucosio e amminoacidi essenziali) possono attraversare la BEE. Una differenza importante tra la BEE e la barriera intestinale è che la BEE è circondata dagli pseudopodi (le proiezioni della membrana) degli astrociti. La persistenza di molecole e cellule derivate dall’intestino in prossimità della barriera emato-encefalica può causarne la degradazione [89].
13. Conclusioni
Il percorso che porta alla malattia coinvolge il microbiota e frammenti di cibo non digerito, oltre a richiedere l’interruzione della barriera intestinale e della barriera emato-encefalica. La sequenza suggerita degli eventi è la seguente: (1) diete pro-infiammatorie protratte nel tempo, modificano la composizione del microbiota intestinale e inducono disbiosi del microbiota intestinale; (2) il sistema immunitario viene attivato e l’infiammazione intestinale aumenta, i livelli di cellule T e LPS aumentano; (3) la barriera intestinale diventa permeabile e il contenuto luminale (microbi, molecole di cibo non digerito, endotossine, cellule T e citochine) fuoriesce e innesca un’infiammazione sistemica cronica; (4) la risposta immunitaria contro frammenti di cibo non digerito che assomigliano a molecole cerebrali indirizza le molecole pro-infiammatorie alla BBB e ne provoca la rottura; (5) il passaggio attraverso la BBB di cellule e molecole pro-infiammatorie attivate provoca l’attivazione di cellule microgliali e astrociti (Le cellule microgliali sono le cellule immunitarie del cervello, mentre gli astrociti supportano i neuroni e contribuiscono alla barriera emato-encefalica ) e l’insorgenza di processi infiammatori in diverse aree cerebrali.
Nel presente articolo evidenziamo il possibile ruolo dei frammenti di cibo non digerito come agenti pro-infiammatori e l’importanza dell’integrità delle due barriere, intestinale e della barriera emato-encefalica (BEE), per la salute umana. Se la barriera intestinale diventa permeabile, frammenti di cibo non digerito fuoriescono anche dallo spazio luminale (intestino) insieme a batteri, endotossine, molecole immunocompetenti e cellule. Tutto questo materiale, che si supponeva rimanesse segregato nell’intestino, è ora in circolazione. Di solito ci preoccupiamo della disseminazione batterica, ma la disseminazione di cibo non digerito che attraversa la barriera intestinale e entra nel flusso sanguigno non deve essere trascurata.
Nell’intestino, i peptidi non completamente digeriti, sebbene ancora diversi da noi (non-self), erano sulla buona strada per diventare simili a noi (self), quindi la loro probabilità di mimetismo molecolare con i nostri peptidi potrebbe aumentare dopo una digestione parziale. Nel corso della disbiosi intestinale e dell’infiammazione intestinale, i linfociti T vengono attivati. Con l’attivazione dei linfociti T, i linfociti B vengono attivati per produrre anticorpi. Questi anticorpi contro gli antigeni alimentari possono riconoscere gli autoantigeni e innescare una risposta autoimmune. Ad esempio, è stato suggerito che gli anticorpi contro le proteine del grano e del latte nei donatori di sangue possano contribuire alle attività neuroimmuni [39].
Pertanto, i peptidi ( di aminoacidi) non digeriti e i loro anticorpi possono rafforzare le attività infiammatorie e autoimmuni e possono indirizzarle verso uno dei diversi organi, ma è necessaria la cooperazione con il microbiota.
Approfondimenti
A – Integrità barriera intestinale e malattie
Cause della compromissione della barriera intestinale:
Disbiosi:
Uno sbilanciamento del microbiota intestinale, con un aumento di batteri patogeni e una diminuzione di quelli benefici, può danneggiare la barriera.
Infiammazione:
Stati infiammatori cronici, dovuti a vari fattori come cattiva digestione, stress o infezioni, possono compromettere l’integrità della barriera.
Infezioni:
Infezioni intestinali da batteri, virus o parassiti possono danneggiare direttamente le cellule epiteliali.
Malattie autoimmuni:
In malattie come la celiachia e il morbo di Crohn, il sistema immunitario attacca erroneamente le cellule intestinali, causando infiammazione cronica e danni alla barriera.
Altre cause:
Fattori ambientali, come l’esposizione a tossine e inquinanti alimentari, e abitudini di vita poco sane possono contribuire alla compromissione della barriera.
Malattie associate alla compromissione della barriera intestinale:
Malattie gastrointestinali:
Sindrome dell’intestino irritabile, malattie infiammatorie intestinali (MORB, Colite ulcerosa), celiachia, sindrome dell’intestino gocciolante.
Malattie autoimmuni:
Artrite reumatoide, sclerosi multipla, diabete di tipo 1, lupus.
Disturbi metabolici:
Obesità, diabete di tipo 2, insulino-resistenza, steatosi epatica non alcolica.
Malattie neuroinfiammatorie:
Disturbi depressivi, ansia, disturbo dello spettro autistico, sindrome da stanchezza cronica.
Altre malattie:
Asma bronchiale, rinosinusite cronica, rinite allergica, dermatite atopica, esofagite eosinofila, tumori.
B – Linfociti T e B
I linfociti T (o cellule T) e i linfociti B (o cellule B) sono due tipi di globuli bianchi che svolgono un ruolo cruciale nel sistema immunitario. I linfociti T sono responsabili dell’immunità cellulo-mediata, mentre i linfociti B sono coinvolti nell’immunità anticorpo-mediata.
L’immunità cellulo-mediata (o immunità cellulare) è una risposta del sistema immunitario che coinvolge i linfociti T, in particolare i linfociti T citotossici e i linfociti T helper, per eliminare cellule infette o anomale. Questo tipo di immunità è fondamentale per difendere l’organismo dalle infezioni intracellulari, come quelle virali, e dalle cellule tumorali.
La risposta anticorpo-mediata (linfociti B ) è un secondo esempio di risposta immunitaria specifica, cioè di una difesa che preveda il riconoscimento specifico di un patogeno che abbia superato le difese dell’immunità innata.
Un antigene è una molecola (spesso una proteina) in grado di essere riconosciuta dal sistema immunitario come estranea o potenzialmente pericolosa provocando una risposta immunitaria specifica. Questa risposta si traduce nella produzione di anticorpi che riconoscano e si leghino all’antigene, neutralizzandolo.
Si definisce invece immunogena una sostanza in grado di stimolare il sistema immunitario a tentare di produrre anticorpi contro di essa.
In pratica, “immunogenica” descrive una caratteristica, mentre “immunogena” indica una sostanza che possiede tale caratteristica.
Precisazione:
Le note riassuntive punti salienti delle ricerche sull’argomento trattato derivano dalla traduzione di alcuni passagi della ricerca:
Undigested Food and Gut Microbiota May Cooperate in the Pathogenesis of Neuroinflammatory Diseases: A Matter of Barriers and a Proposal on the Origin of Organ Specificity. Paolo riccio e Rocco Rossano.
Department of Sciences, University of Basilicata, 85100 Potenza, Italy; paoloxriccio@gmail.com Correspondence: rocco.rossano@unibas.it. Received: 1 October 2019; Accepted: 8 November 2019; Published: 9 November 2019. Nutrients 2019, 11, 2714; doi:10.3390/nu11112714.
La numerazione dei capitoli fa riferimento agli analoghi capitoli della ricerca di cui al punto 1.
La numerazione di ogni capitolo è analoga a quella della ricerca di cui al punto 1
I numeri in parentesi quadra si riferiscono alle referenze citate nella ricerca di cui al punto 1.
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