Header Image - Gluten Light
Gallery

Magazine

Trigu Arista Niedda: grano duro antico della Sardegna

by luciano

Trigu Arista Niedda: grano dalle reste nere
E’ una varietà di frumento dalle reste nere di cui si ha notizia, in Sardegna, in sin dalla fine del 1700, quando l’agronomo Antonio Manca dell’Arca cita per l’isola “un formento d’ariste negre, da seminare in terreni sterili e leggeri poiché temono meno la siccità e venti caldi di giugno (Manca dell’Arca, 1780)”. 
Pochi decenni dopo, il captain William Henry Smyth nella sua Relazione sull’isola di Sardegna (1828) nota come dei differenti tipi di grano che si coltivano la listra niedda è considerato il migliore..
La bibliografia storica e scientifica di fine ‘800 e della prima metà del secolo scorso riconducono all’epiteto arista niedda e sinonimi (aristau nieddu, restinieddu, listi nieddu etc) diverse varietà e selezioni locali diffuse pressoché in tutta la Sardegna, ed in particolare nei settori centrale e meridionale, spesso molto diverse tra loro.

Il test che presentiamo ha utilizzato il Trigu Arista niedda prodotto dall’azienda Sa Laurera Azienda Agricola Ecosostenibile Villanovaforru (VS), Sardegna

La selezione locale coltivata dell’azienda identifica una popolazione di frumento duro caratterizzata da una certa variabilità, che comprende piante a ciclo lungo con culmi alti sino ai 175 cm, ad accestimento medio-alto.
La spiga è di forma cilindrica compressa a sezione rettangolare lunga sino a 14 cm, riflessa verso il basso a maturazione, con reste mediamente divergenti, brune su sfondo giallo-decolorato o ad apice giallo-decolorato, oppure nero-fumose o fumose su sfondo giallo-decolorato, lunghe sino a 2,5-3 volte la lunghezza della spiga. Le glume sono glabre e di colorazione variabile dal giallo decolorato al giallo-rossiccio, più raramente su sfondo bruno, con evidente unghiatura nera e molto spesso una macchia nero-bruna o bruna lungo la carena, con o senza abbondante pruina grigio-bluastra. Cariossidi ambrate tendenti al rossiccio chiaro.

Trigu arista niedda viene coltivato in terreni di collina e di pendio, su suoli sciolti e con abbondante scheletro, spesso poco profondi, a reazione neutro-alcalina.
In campi di grandi dimensioni le lavorazioni sono minime e si riducono a due interventi con l’ausilio di coltivatori ed altri attrezzi leggeri, mai con l’utilizzo di aratri, intervenendo nei primi centimetri di suolo.
Viene adottata la tecnica della falsa semina a cui segue, tra la fine di Ottobre e l’inizio di Dicembre, la semina effettiva, a righe o a seminatrice meccanica, oppure a spaglio. Molto spesso la semina risulta più distanziata del solito, soprattutto nei campi dove si interverrà manualmente per le operazioni di rincalzatura e scerbatura. Se queste operazioni non sono previste, si lascia sviluppare la coltura liberamente, senza nessun tipo di intervento né meccanico né tanto meno chimico, che generalmente entra in equilibrio con la flora spontanea senza riscontrare alcun problema di competizione. I campi di grano duro T. arista niedda crescono in questo modo nella maniera più naturale possibile. Dopo 6-8 mesi, in condizioni ambientali adeguate, il grano viene mietuto, trebbiato, ventilato meccanicamente e sottoposto a una prima vagliatura presso un laboratorio autorizzato per poter eliminare le impurità.

 Dopo alcune settimane dalla trebbiatura, i primi quantitativi di grano arista niedda possono essere moliti. Per ora l’unico mulino a cui ci siamo affidati è l’Antico Mulino Artigiano dei fratelli Sulis, a Samugheo (OR), che dopo un ulteriore vagliatura e le operazioni di lavaggio ed asciugatura, lavora il nostro grano con macine in pietra”.

Il test
E’ stato realizzato un pane, con la metodica più volte descritta in questo sito, comprendente un preimpasto fatto fermentare per 12 ore e un impasto finale con una lunga maturazione a freddo per 20 ore e successiva lievitazione. E’ stata utilizzata pasta acida di grano monococco tipo ID331 e una frazione infinitesimale di Lievito di Birra come starter.

Il risultato è stato sorprendente! La farina ha un comportamento simile a quella di un grano tenero, la mollica è ben sviluppata di consistenza morbida ed elastica. Pur essendo una farina integrale il pane è risultato molto chiaro, quasi bianco.

Speriamo di poter ottenere alcuni indicatori utili (quantità di crusca presente, gluten index e/o W; percentuale di glutine sul secco; falling number; assorbimento idrico, per comprendere meglio questo splendido grano.

Foto A

Foto B

Grano monococco (piccolo farro): magie di Natale

by luciano

(per un 2021 finalmente normale!)

Un test per la realizzazione di un prodotto molto particolare: sfogliatine di grano monococco in purezza. Una realizzazione non facile considerate le caratteristiche reologiche del grano monococco: poco glutine e anche debole. L’impasto ha pochissima elasticità e non può essere manipolato a lungo perché la maglia glutinica si rompe. Metodica scelta: questo test è stato realizzato utilizzando la metodica (aumentando la quantità del preimpasto) del pre-impasto seguito dall’impasto finale già utilizzato per il pane-di-grano-monococco-piccolo-farro-100%. Precisazioni: la metodica è stata adattata per una preparazione casalinga, quindi senza l’uso –ad esempio- di una cella a temperatura e umidità controllate. Tempi e temperature sono stati definiti per la farina di grano monococco semintegrale (passante al setaccio 600 micron) “ I grani di Atlantide” di Lorenzo Moi raccolto 2019 con un “W” inferiore a 50.
Questa precisazione è necessaria, perché soprattutto tempi e temperature variano secondo la farina (tipo e raccolto) e il suo grado di raffinazione (quantità di crusca presente). Ulteriore precisazione: la metodica è per persone “esperte”.
Il pre-impasto, una sorta di biga, attiva, rispetto all’impasto diretto, una quantità maggiore di lieviti e batteri lattici. Attiva, inoltre, i processi enzimatici della farina che non solo conferiranno più profumo e sapore al prodotto finito ma anche contribuiranno in modo sensibile ad aumentarne la digeribilità e la tollerabilità del prodotto finale.

Ingredienti
Idratazione 55% 900 =545gr. (500gr. acqua + quella del LiCoLi 45gr. )

preimpasto

impasto

1

Farina

700gr.

200gr.

2

Acqua

350gr

105*gr.

500-350 = 150gr. – olio 45gr.

3

LiCoLi

90gr.

0

4

L. di B.

0,7gr.+10gr. acqua

0,6gr.+10gr. acqua

1,13 (in totale=0,125% )

5

Malto

0

10,8gr.

1,2% di 900gr.

6

Sale

0

16,2gr.

1,8% di 900gr.

7

Olio

45gr.

5% di 900

1151gr.

388gr.

* questo valore è variabile in funzione dell’umidità della farina e anche del grado di macinatura.
1 step: rinfrescare la pasta madre -realizzata con il grano monococco- in forma liquida (Li.Co.Li) due volte di seguito e utilizzarla ben matura (i tempi per la preparazione variano in funzione della temperatura ambiente, mediamente 4 ore + 4 ore). Il LiCoLi va conservato (per precauzione) in frigorifero e, quindi, prima di rinfrescarlo va tenuto per almeno 1 ora a temperatura ambiente.
2 step: preparare il preimpasto con 700gr. di farina e 350gr. di acqua, entrambe fredde (di frigorifero), 90 gr. di LiCoLi e 0,7gr. di Lievito di birra compresso fresco sciolto in pochissima acqua non fredda. Il preimpasto va mescolato non incordato, non deve essere bagnato né secco ma grumoso pastoso. La temperatura del preimpasto a fine preparazione deve essere di circa 18C°.
3 step: mettere il preimpasto in una ciotola di plastica (leggermente unta di olio di semi) coperta a 18C° per 12 ore.
4 step: dopo 12 ore porre il preimpasto in una ciotola da planetaria/impastatrice, aggiungere 105gr. di acqua, 45 gr. di olio e amalgamare con il gancio della planetaria.
5 step: Aggiungere ora 10,8gr. di malto, 0,6gr. di Lievito di birra compresso fresco sciolto in pochissima acqua non fredda e amalgamare.
6 step: aggiungere ora la farina residua con il sale e amalgamare; se rimane farina o impasto poco omogeneo sul fondo della planetaria aggiungere un po’ di acqua (5/10gr. dovrebbero essere sufficienti).
7 step: completare a mano per omogeneizzare.
8 step: successivamente mettere l’impasto, diviso in due ciotole di plastica coperta (leggermente unte di olio di semi) in frigo. Dopo 4 ore prelevare il primo; dopo 8 ore il secondo seguendo lo stesso procedimento..
8 step: prelevare la prima ciotola dal frigo. Dividere l’impasto in 8/10 parti, secondo la dimensione voluta delle sfogliatine e tirare a mano ogni parte con matterello cercando di farle più sottili possibile utilizzando farina di spolvero (lavorazione con impasto freddo).
9 step: Con forno pre-riscaldato infornare una o più sfolgliatine poste su teglia ferro (secondo la capacità del forno). Temperatura: 225/230 per 6/8 minuti livello di mezzo.

Note:
1 – step n. 4, 5, 6 e 7 : tempo complessivo circa 30 minuti
2 – la farina e l’acqua devono avere una temperatura tale che l’impasto abbia alla fine del 7 step una temperatura di circa 18 gradi.
3 – per fare i bombolotti: steso l’impasto per fare le sfogliatine ripiegare le sfogliatine, creare la forma voluta ritagliandole con un taglia ravioli. Attenzione ai bordi: devono essere ben chiusi altrimenti nel forno l’aria interna fuoriuscirà e le sfogliatine non si gonfieranno.

IMPORTANTE: Comprare farina di grano monococco (piccolo farro) 100% semintegrale evitando quella di Monlis (perché ha una frazione molto indigesta –tipo 33mer) e quella di Hammurabi perché difficilissima da utilizzare.

Report fotografico: Magie di Natale

Kewords: grano monococco, piccolo farro, sfogliatine, bombolotti,

Grano Evolutivo? Miscuglio di grani?

by luciano

Aggiornamento dell’articolo: miscuglio-di-grani-grano-evolutivo-no-grazie

La filiera del vino pregiato e quella dell’olio pregiato hanno fatto grande l’Italia, hanno reso celebri le migliori etichette, hanno diffuso non solo qualità ma anche cultura perché dietro ogni etichetta c’è un mondo di lavoro, di passione di sentimenti di moltissime persone che con cura ed amore coltivano, trasformano custodiscono preziosità della natura.
“nome e cognome” contraddistinguono Vino ed Olio pregiati assicurandoci la purezza della varietà, la località di origine, l’insieme delle caratteristiche che sono proprie ed uniche delle differenti varietà. Il quadro finale delle caratteristiche del prodotto non risalta solo per la ricchezza e la diversità dei “colori” che la “terra d’origine” utilizza ma anche per quelli che la natura crea ogni anno e stagione in modo differente. L’armonia del prodotto finale riflette la capacità dell’uomo di valorizzare ed armonizzare questi colori.
Perchè rinunciare a tutto questo con il grano? Perchè non riprodurre questo “miracolo italiano” con le varietà del grano? Perchè rinunciare a creare con le varietà pregiate dei grani antichi filiere come quelle del vino e dell’olio?
Salvatore Ceccarelli professore della Facoltà di Agraria dell’Università di Perugia sostiene che affidarsi alle varietà moderne è un errore. Meglio piantare miscugli di sementi e affidarsi all’evoluzione spontanea della natura.
“I miscugli, ma sarebbe meglio dire popolazioni evolutive, sono raccolte di semi di varietà differenti”, spiega ad AgroNotizie Ceccarelli. “Una volta piantate all’interno di un campo le varietà si incrociano in maniera naturale e vengono influenzate dalle caratteristiche pedo-climatiche del luogo. Questo miscuglio diventa così una popolazione, perché le varietà all’inizio distinte si scambiano i geni, che si evolve adattandosi sempre meglio a quel particolare luogo”.
Il passo successivo, spiega il professore sarebbe il miglioramento genetico evolutivo. Poichè le singole varietà tendono a mischiarsi con il passare degli anni l’agricoltore può andarsi a scegliere quella con le caratteristiche che preferisce ottenendo così una propria varietà uniforme, che si adatta perfettamente all’areale in questione essendosi evoluta in quella zona.

Luigi Cattivelli, direttore del Centro di ricerca genomica e bioinformatica del Crea. Afferma che “Pensare che un agricoltore, senza strumenti o preparazione particolare, sia in grado di fare un lavoro di selezione genetica migliore di quello che si fa nei centri di ricerca mi pare a dir poco improbabile”.
Una strada, quella del miscuglio evolutivo, che non porta da nessuna parte per l’incertezza dei risultati. Altamente improbabile, in questo modo, ottenere prodotti di eccellenza che possano costituire una filiera pregiata.
Una strada che non valorizza la ricchezza che l’Italia ha in termini di varietà di grani, soprattutto antichi; molte varietà di questi ultimi hanno caratteristiche di pregio uniche adatte a creare filiere pregiate.
Ogni nuova varietà, se ottenuta in modo spontaneo, dovrà, però, essere ristudiata sia per la sua composizione che per le sue caratteristiche tecnologiche e salutistiche per valutarne il pregio: i costi di questo processo sono così elevati che sono giustificati però solo se si parte sapendo cosa si vuole ottenere e non affidandoci al “caso”. Le moderne tecniche del “breeding” servono proprio a questo. Queste tecniche sono utilizzate quando si vogliono ottenere grani particolari che rispondano ad esigenze di mercato: esigenze dovute a processi tecnologici oppure a necessità salutistiche (grani adatti ai celiaci ad esempio).
La strada da percorrere per creare le eccellenze del grano in modo simile al vino e all’olio non è quella utilizzata con i grani adatti al sistema industriale ma quella della selezione di varietà di grani antichi similmente alla scelta del “vitigno” per il vino o della “cultivar” per l’olio.
Non va dimenticato infine che riguardo al grano è sempre più importante poter contare su grani che siano maggiormente adatti alle persone che soffrono di disturbi legati all’assunzione di glutine/grano (NON celiache) e per le quali l’identificazione della varietà utilizzata e le sue caratteristiche sono molto importanti.

Influenza dei fattori ambientali e genetici sul contenuto tossico ed immunogenico dei peptidi del glutine del grano

by luciano

DomenicoRonga et al. https://doi.org/10.1016/j.eja.2020.126091 Science Direct
Punti salienti
Principali effetti dell’ambiente sull’accumulo di gliadine e peptidi che attivano la celiachia.
• Il fattore genetico contribuisce all’accumulo di peptidi tossici.
• Gliadine e peptidi coinvolti nella celiachia dipendono anche da GDD e precipitazioni.
• La bassa evapotraspirazione diminuisce il livello di gliadine e peptidi coinvolti nella celiachia.
• La selezione per TP (peptidi tossici), IP (peptidi immunogenici), α-GliA2-6, γ-Gli-5 potrebbe essere disancorata da GPC e GV
Abstract
“The impact of environment, genetic selection and their interactions on grain yield of durum wheat genotypes has been extensively studied; however, limited information is available for their influence on gluten quality associated with effects on the amount and composition of glutenins, gliadins and celiac disease (CD)-triggering peptides. In this study, a set of six commonly cultivated durum wheat genotypes were assessed in a multi-environment trial of eight site-year combinations in different Italian regions during two consecutive harvest years (2016 and 2017). While high-molecular-weight glutenin subunits (HMW-GS) were more stable between years, differences in total gluten proteins were mainly due to low-molecular-weight glutenin subunits (LMW-GS) and gliadins accumulation. After mass separation and quantification, two gliadin proteins – γ-Gli-5 and α-GliA2-6 (41.1 and 33.8 kDa, respectively) – were further studied together with toxic (TP) and immunogenic (IP) celiac disease-triggering peptides obtained via simulated gastrointestinal digestion. While TP accumulation was strongly influenced by the genotypes, IP showed marked variation in the different sites with significant genotype-by-year and genotype-by-site interaction. Specific agrometeorological variables (i.e. growing degree days and aridity index) in different growing phases showed a strong negative correlation with α-GliA2-6 and CD-associated peptides. Statistical analysis revealed that the level of gliadins and TP/IP peptides were uncorrelated with grain protein content and yield (resa). The selection of plant materials with good technological properties but with a low content of CD-triggering peptides should combine with ad hoc environment (e.g. site) selection and management practices reducing crop evapotranspiration in the vegetative phase.”
Abbreviazioni
AI aridity index
DtH days to heading

GY grain yield
ET0 total reference evapotranspiration
GDD growing degree days
GPC grain protein content
HMW-GS high-molecular-weight glutenin subunits
IP immunogenic peptides
LMW-GS low-molecular-weight glutenin subunits
RCBD randomized complete block design
SN spikes per unit area
TGW thousand kernel weight
TP toxic peptides
TW test

Keywords
Durum wheat, Gluten protein, Gliadin fraction, immunogenic peptides, Environment effect

Grani antichi, grani moderni

by luciano

Un’eccellente analisi riguardante grani antichi e moderni del giornalista Dario Dongo, Del Prof. Paolo Guarnaccia e del Dott. Paolo Caruso:

Grani antichi, analisi dei superfood

I consumi alimentari in Italia convergono sulla ricerca di cibi salutari e di alimenti quanto possibile legati a territori e tradizioni. Non solo DOP e IGP, ma anche colture storiche quali i grani antichi, a cui è dedicata la presente analisi.

Grani antichi vs grani moderni
I grani antichi – in attesa di una definizione agronomica o legale condivisa – sono intesi essere popolazioni dinamiche di frumento con origine storica, identità distinta, assenza di miglioramento genetico tramite incrocio. In prevalenza si tratta di piante adattate localmente, con l’ausilio di sistemi agricoli tradizionali (anch’essi tuttora privi di definizione univoca), caratterizzate da taglia più alta e glutine meno tenace rispetto alle varietà moderne.

Un vivace dibattito scientifico in corso da alcuni anni contrappone le proprietà dei grani antichi rispetto a quelle dei grani moderni. La disputa tende a essere focalizzata sulle sole proprietà nutrizionali dei vari genotipi, trascurando le caratteristiche dei prodotti finiti in relazione ai diversi processi. Si propone perciò di estendere l’analisi agli aspetti agronomici e tecnologici che includono, tra l’altro, le fasi di molitura, lievitazione degli impasti, tecniche di pastificazione.

Glutine e frumento nella dieta

Il ruolo del frumento e delle sue proteine nella dieta è ampiamente dibattuto, anche a causa di interessi economici contrapposti. Così i promotori di diete gluten-free accusano i grani moderni di essere ‘veleni cronici’ (Davis 2011) e i grandi produttori di commodities replicano che ‘il glutine di frumento non fa male’ (National Association of Wheat Growers, 2013).

Il glutine nei ‘grani antichi’ non si distingue, dal punto di vista quantitativo, rispetto alle varietà moderne. È invece diverso l’indice di glutine, un parametro che esprime la forza ed è molto inferiore nei frumenti della storia, la cui lavorazione è quindi più difficile e poco compatibile con le moderne tecnologie di pastificazione.

Le proteine del glutine delle varietà di frumenti antichi contengono inoltre meno ‘epitopi tossici’, le sequenze aminoacidiche riconosciute dai linfociti dei soggetti celiaci (Van den Broeck et al., 2010). Una dieta a base di varietà di frumento con meno ‘epitopi tossici’ potrebbe perciò aiutare la prevenzione della celiachia, in considerazione di diversi fattori associati alla sua insorgenza (Ventura et al., 1999; Ivarsson et al., 2000; Fasano, 2006).

Studi comparati tra varietà di frumento antiche e moderne hanno poi evidenziato che le prime producono granella che abbassa o annulla la produzione di citochine pro-infiammatorie nell’organismo umano (Gallo et al., 2010; Di Silvestro et al., 2012; Valerii et al., 2014).

Grani antichi e salute

Differenze significative tra grani antichi e moderni sono state riscontrate sui micronutrienti (vitamine e minerali) e altri composti del metabolismo secondario della pianta (composti ‘funzionali’ o ‘bioattivi’). In termini quantitativi e qualitativi, oltreché di varietà dei composti (Dinelliet al., 2007).

Diversi studi mostrano in effetti una progressiva diminuzione dei tenori di minerali, nelle cariossidi di frumento, negli ultimi 160 anni. I cultivar altamente produttivi a taglia bassa, in particolare, risultano avere minori contenuti di rame, ferro, zinco e magnesio (Fan et al., 2008; Ficco et al., 2009; Zhao et al., 2009).

Le farine di grani antichi si caratterizzano altresì per un contenuto e una varietà maggiore di sostanze fitochimiche biologicamente attive come polifenoli (flavonoidi, lignani, isoflavoni), carotenoidi, tocoferoli e fibre. A cui vengono attribuite importanti funzioni di nutraceutica, incluse le attività antitumorale, antinfiammatoria, immunosoppressiva, cardiovascolare, antiossidante e antivirale (Dinelli et al., 2007).

Un recente studio ha messo in evidenza che l’utilizzo di farine di grani antichi provoca da un lato un abbassamento significativo sia del colesterolo totale, sia di quello LDL (o ‘cattivo’) e del glucosio nel sangue. Riscontrando, d’altro canto, un aumento delle cellule staminali in circolazione, mobilizzate dal midollo osseo, che sono in grado di riparare i vasi sanguigni danneggiati (Sereni et al., 2016).

Effetti benefici ‘convincenti’ riguardano infine vari parametri legati a malattie cardio-metaboliche, quali i profili lipidici, quelli glicemici e lo stato infiammatorio e ossidativo (Dinu et al., 2017).