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Coronavirus, sistema immunitario e alimentazione (aggiornamento 28-05-2020)

by luciano

Il sistema immunitario

Il sistema immunitario (innato ed adattivo) è l’unica arma che il corpo ha per combattere il nuovo coronavirus covid-19. Ad oggi non ci sono cure o vaccini in grado di debellarlo. L’analisi delle modalità con cui il virus infetta ha ampiamente dimostrato che la sua letalità è strettamente correlata con la salute dell’individuo: più patologie sono presenti più il virus è letale. La popolazione colpita dal virus in modo grave presenta un’età piuttosto avanzata in concomitanza con una salute più fragile. Il virus infetta anche persone più giovani che reagiscono in modo più efficace all’infezione a meno di non avere patologie pregresse importanti. E’, dunque, essenziale che il sistema immunitario di ogni persona sia al massimo dell’efficienza in modo da poter fronteggiare il virus con la massima efficacia. Lo stress e l’alimentazione giocano un ruolo di primo piano nel conservare in buone condizioni il sistema immunitario e, se i tempi che viviamo non ci aiutano a certo a diminuire lo stress, l’alimentazione può essere più facilmente adattata per meglio mantenerci in salute.

Importanza dell’alimentazione
Su questo tema la medicina è piena di utili consigli ma va richiamato in modo particolare il ruolo degli alimenti prodotti con farina di grano e/o farro perché sono presenti in maniera massiccia nella nostra dieta. E’ necessario evidenziare quanto frequenti siano le malattie e i disordini grastro-intestinali derivanti dal consumo di prodotti realizzati con grano. Tra cui: sensibilità al glutine non celiaca (NCGS – non celiac gluten sensivity) [1], la sensibilità al grano non celiaca (NCWS-non celiac wheat sensivity) [2], la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) [3], glicemia, sensibilità alle ATI (amylase trypsina inibitors) [4]; sensibilità alle FODMAP’s (Fermentable Oligo-, Di- and Mono- saccharides And Polyols) [5]; infiammazione intestinale (IBD inflammatory bowel disease) [6]. Per ridurre l’incidenza di queste patologie, spesso debilitanti, la ricerca scientifica da molto tempo ha suggerito non solo di ridurre la quantità degli alimenti che causano una reazione avversa del sistema immunitario ma anche di introdurre nella dieta prodotti realizzati con grani ricchi di fibra vegetale più digeribili e più tollerabili [7]. La riduzione di questo tipo di alimenti, però, se portata all’eccesso con una rimozione totale può comportare lo sviluppo di una nuova reattività verso l’alimento sostitutivo, magari con gli stessi sintomi di prima. Un esempio è rappresentato dalla reattività al glutine; in questo caso spesso i medici consigliano il consumo di cibi “gluten-free” e la sostituzione del frumento utilizzato, per esempio, con il riso. La totale eliminazione del glutine provoca inoltre una sensibile disbiosi intestinale [8]. Alimenti assunti in eccesso possono provocare la reazione del sistema immunitario [9]. In molti casi, quindi, è sufficiente diluire l’assunzione di quell’alimento verso il quale il nostro sistema immunitario reagisce (studi di Cai, pubblicati nel 2014 su PLoS One). Va precisato che l”infiammazione da cibo dovuta al glutine non è da confondersi con la celiachia, o con l’allergia IgE-mediata al frumento.

Microbiota intestinale

Il microbiota intestinale è uno degli elementi fondamentali di tutto l’ecosistema intestinale. Quest’ultimo, infatti, comprende tre componenti: la barriera intestinale, che è un filtro molto selettivo e importante per il benessere dell’intero organismo, una struttura di tipo neuroendocrino oggi chiamata comunemente secondo cervello e, infine, il microbiota intestinale che, pur non essendo un vero organo perché funzionalmente ci appartiene anche se non dal punto di vista anatomico, da sempre ci accompagna nell’evoluzione filogenetica (dott. Edoardo Felisi dell’Università di Pavia)”. E’ costituito prevalentemente da batteri, lieviti, parassiti e virus. La loro condizione di equilibrio è definita di eubiosi. Equilibrio che permette alle varie componenti del microbiota intestinale di svolgere in modo efficace una serie di funzioni essenziali: funzioni di tipo metabolico, quindi sintesi di sostanze utili all’organismo, di tipo enzimatico, di protezione e stimolo verso il sistema immunitario e di eliminazione di tossici. Funzioni da cui dipende la salute generale dell’organismo. Tra I principali componenti del microbiota troviamo le colonie batteriche: Firmicutes, Bacteroides, Proteobacteria e Actinobacteria. Firmicutes e Bacteroides rappresentano circa il 90% . La ricerca scientifica ha dimostrato come il variare del rapporto tra queste componenti faciliti e promuova uno stato di disbiosi che può comportare malattie dell’apparato digerente. Può inoltre avere un ruolo in malattie come il diabete, l’obesità, la dermatite, le patologie cardiovascolari, l’Alzheimer, il Parkinson ecc. Il microbiota varia con l’età e, soprattutto con l’alimentazione. Infezioni e farmaci (assunti in modo cronico) sono i fattori che incidono negativamente nella composizione del macrobiota cosi come le diete iperproteiche o con troppi carboidrati e stili di vita sbagliati (non fare attività fisica, fumo, l’abuso di alcool, ecc.) protratti nel tempo. La disbiosi, soprattutto cronica comporta anche importanti alterazioni funzionali che coinvolgono soprattutto la barriera intestinale. La barriera intestinale è formata da strutture chiamate “giunzioni serrate” o “thight junction” che mettono in collegamento le varie cellule intestinali e che permettono il passaggio bidirezionale di sostanze dal lume intestinale al torrente circolatorio. Sono strutture proteiche che traggono grande beneficio e sono molto condizionate nella loro funzionalità da sostanze come gli acidi grassi a catena corta, prodotti proprio dal metabolismo del microbiota intestinale. L’alterazione del microbiota intestinale, se protratta a lungo, comporta l’alterazione della funzionalità delle giunzioni serrate e quindi il passaggio di sostanze tossiche, di allergeni, di microbi nel sistema circolatorio e quindi dall’intestino a tutto l’organismo.

Sintesi degli aspetti più importanti riguardanti la digeribilità e la tollerabilità di prodotti realizzati con grano/farro (con esclusione dei soggetti celiaci):

Sindrome dell’intestino irritabile: c’è un ruolo per il glutine?

by luciano

Uno studio molto importante che evidenzia la sovrapposizione dei sintomi della sindrome dell’intestino irritabile con quelli generati dalla sensibilità al glutine non celiaca dalle ATI e da Fodmaps.

“A tight link exists between dietary factors and irritable bowel syndrome (IBS), one of the most common functional syndromes, characterized by abdominal pain/discomfort, bloating and alternating bowel habits. Amongst the variety of foods potentially evoking “food sensitivity”, gluten and other wheat proteins including amylase trypsin inhibitors represent the culprits that recently have drawn the attention of the scientific community. Therefore, a newly emerging condition termed non-celiac gluten sensitivity (NCGS) or nonceliac wheat sensitivity (NCWS) is now well established in the clinical practice. Notably, patients with NCGS/NCWS have symptoms that mimic those present in IBS. The mechanisms by which gluten or other wheat proteins trigger symptoms are poorly understood and the lack of specific biomarkers hampers diagnosis of this condition. The present review aimed at providing an update to physicians and scientists regarding the following main topics: the experimental and clinical evidence on the role of gluten/wheat in IBS; how to diagnose patients with functional symptoms attributable to gluten/wheat sensitivity; the importance of double-blind placebo controlled cross-over trials as confirmatory assays of gluten/wheat sensitivity; and finally, dietary measures for gluten/wheat sensitive patients. The analysis of current evidence proposes that gluten/wheat sensitivity can indeed represent a subset of the broad spectrum of patients with a clinical presentation of IBS. (J Neurogastroenterol Motil 2016;22:547-557). Umberto Volta, Maria Ines Pinto-Sanchez et al.

Extrac from the study:
…..omissis. Experimental Evidence for a Role of Wheat Components in Irritable Bowel Syndrome. Different mechanisms have been proposed to explain how gluten may trigger gastrointestinal symptoms in the absence of celiac disease (Figure).

In vitro studies have demonstrated that digests of gliadin increase the expression of co-stimulatory molecules and the production of proinflammatory cytokines in monocytes and dendritic cells (40,57,58). Certain “toxic” (that only stimulates the innate immune response) gliadin-derived peptides such as the 31-43mer, may evoke epithelial cell dysfunction, increased IL-15 production and enterocyte apoptosis (59). Recent studies have demonstrated increased expression of TLR-2 in the intestinal mucosa of non-celiac compared to celiac patients, suggesting a role of the innate immune system in the pathogenesis of non-celiac reactions to gluten or other wheat components (49). Other studies have shown that monocytes from HLA-DQ2+ non-celiac individuals spontaneously release 2-3 fold more IL-8 than monocytes from HLA-DQ2 negative patients. This suggests that patients without celiac disease (no enteropathy and negative specific serology), but with positive HLA-DQ2 status, may represent a subpopulation reacting mildly to gluten (60). In terms of gut dysfunction, gluten sensitization in mice has been shown to induce acetylcholine release, one of the main excitatory neurotransmitters in the gut, from the myenteric plexus (57).
This correlates with increased smooth muscle contractility and a hypersecretory status with increased ion transport and water movements (57). These functional effects induced by gluten were not accompanied by mucosal atrophy, and were not observed after sensitization with non-gluten proteins. Interestingly gluten-induced gut dysfunction was particularly notable in mice transgenic for the human celiac gene HLA-DQ8 (57).
ATIs, a group of wheat proteins that confer resistance of the grain to pests, are strong inducers of innate immune responses via TLR4 and via the myeloid differentiation factor 88-dependent and -independent pathway (40). This activation occurs both in vitro and in vivo after oral ingestion of purified ATIs or gluten, while gluten-free cereals display no or minimal activities (61). The role of ATIs in IBS is not yet known, however there is clear description of a mechanism that could be involved in the generation of gut dysfunction and symptoms. These mechanisms are different from those proposed for gluten and thus it is conceivable that they could co-exist in given patients or have a synergistic effect.

Reazioni avverse al grano o a componenti del grano.

by luciano

La ricerca che presentiamo è un ottimo compendio delle attuali conoscenze sulla sensibilità al glutine non celiaca

“Riassunto: il grano è un alimento base importante a livello globale e fornisce un contributo significativo all’apporto giornaliero di energia, fibre e micronutrienti. Il consumo di più cereali integrali, tra cui il grano, contribuisce a ridurre il rischio del diabete, delle malattie cardiovascolari e del cancro del colon. Tuttavia, i componenti specifici del grano possono anche provocare reazioni fisiche avverse in soggetti sensibili come la celiachia (CD) e l’allergia al grano (WA). Recentemente i media hanno evidenziato una stretta correlazione tra consumo di grano ed effetti negativi sulla salute. Ciò ha motivato molti consumatori a evitare o ridurre il consumo di alimenti che contengono grano / glutine, nonostante l’assenza di CD o WA diagnosticati, sollevando domande sui meccanismi sottostanti e sui possibili effetti di nocebo. Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che alcuni soggetti possono soffrire di reazioni avverse in assenza di CD e WA. Questa condizione è chiamata sensibilità al glutine non celiaca (NCGS) o sensibilità al grano non celiaca (NCWS). Oltre al glutine, il grano e i prodotti derivati contengono molti altri componenti che possono scatenare sintomi, tra cui inibitori dell’α-amilasi e tripsina (ATI), lectine e carboidrati a fermentazione rapida (FODMAP). Inoltre, il modo in cui vengono elaborati gli alimenti, come l’uso di lievito o la fermentazione a lievito naturale, i tempi di fermentazione e le condizioni di cottura, possono influenzare la presenza e la bioattività di questi componenti. La presente recensione descrive sistematicamente le caratteristiche delle intolleranze legate al grano, tra cui l’eziologia, la prevalenza, i componenti responsabili, la diagnosi e le strategie per ridurre le reazioni avverse.
Extract from the study:
Non-Celiac Gluten/Wheat Sensitivity
During recent years a third group of people has been classified who experience symptoms after eating wheat products, but have been diagnosed not to suffer from either WA or CD. Mostly these individuals are self diagnosed wheat intolerant/sensitive. In these individuals, irritable bowel syndrome (IBS)-like gastrointestinal symptoms and extra-intestinal complaints occur, which improve on a gluten-free diet. This group of patients is referred to as “non-celiac gluten sensitivity” (NCGS), or the more recently, “non-celiac wheat sensitivity” (NCWS). Di Sabatino emphasizes that NCWS is not a homogeneous disease syndrome (such as CD and WA), but rather a heterogeneous syndrome (Di Sabatino & Corazza, 2012). It is probable that the underlying causes and mechanisms are not the same for all people with NCWS and that reactions may be caused by different components of wheat or grain (products) and involving different host factors. Ludvigsson et al. (2013) defined NCGS as follows: one or more of a variety of immunological, morphological, or symptomatic manifestations that are precipitated by the ingestion of gluten in individuals in whom CD has been excluded. However, despite the word “gluten” in the currently most cited definition “NCGS,” it is far from certain that the gluten is the (main) cause of the symptoms observed. The more recent term “NCWS” was adopted since it was noted that gluten (NCGS) may not be the real cause (Biesiekierski, Peters, et al., 2013; Skodje et al., 2018). For that reason, we will use the term NCWS as most appropriate in the remainder of this article.

Sensitivity to wheat, gluten and FODMAPs in IBS: facts or fiction?

by luciano

Roberto De Giorgio, Umberto Volta, Peter R Gibson. Published Online First 15 June 2015. Gut 2016; 65:169–178.

Riassunto
La sindrome dell’intestino irritabile (IBS) è uno dei tipi più comuni di disturbo funzionale intestinale. Una crescente attenzione è stata data al ruolo causale del cibo nell’IBS. L’ingestione di cibo fa precipitare o aggrava i sintomi, come dolore addominale e gonfiore nei pazienti con IBS attraverso diversi meccanismi ipotizzati tra cui l’attivazione immunitaria e dei mastociti, la stimolazione dei meccanorecettori e l’attivazione chemosensoriale. Il grano è considerato uno dei fattori scatenanti dell’IBS più rilevanti, anche se i componenti di questo cereale coinvolti rimangono sconosciuti. Il glutine, altre proteine, del grano, ad esempio gli inibitori dell’amilasi-tripsina e i fruttani (questi ultimi appartenenti a oligo-di-mono-saccaridi e polioli fermentabili = FODMAP), sono stati identificati come possibili fattori per la generazione / esacerbazione dei sintomi. Questa incertezza sul vero colpevole o colpevoli ha aperto uno scenario di definizioni semantiche favorite dai risultati discordanti degli studi controllati in doppio cieco controllati con placebo, che hanno generato vari termini che vanno dalla sensibilità al glutine non celiaca a quella più ampia del grano non celiaco o sensibilità alle proteine del grano o, persino, sensibilità FODMAP. Il ruolo dei FODMAP nel suscitare il quadro clinico dell’IBS va oltre, poiché questi carboidrati a catena corta si trovano in molti altri componenti dietetici, tra cui frutta e verdura. In questa recensione, abbiamo valutato la letteratura attuale al fine di scoprire se la sensibilità al glutine / grano / FODMAP rappresenti “fatti” e non “fiction” nei sintomi dell’IBS. Questa conoscenza dovrebbe promuovere la standardizzazione nelle strategie dietetiche (senza glutine / senza grano e FODMAP basso) come misure efficaci per la gestione dei sintomi IBS.

ABSTRACT
IBS is one of the most common types of functional bowel disorder. Increasing attention has been paid to the causative role of food in IBS. Food ingestion precipitates or exacerbates symptoms, such as abdominal pain and bloating in patients with IBS through different hypothesised mechanisms including immune and mast cell activation, mechanoreceptor stimulation and chemosensory activation. Wheat is regarded as one of the most relevant IBS triggers, although which component(s) of this cereal is/are involved remain(s) unknown. Gluten, other wheat proteins, for example, amylase-trypsin inhibitors, and fructans (the latter belonging to fermentable oligo-di-mono-saccharides and polyols (FODMAPs)), have been identified as possible factors for symptom generation/exacerbation. This uncertainty on the true culprit(s) opened a scenario of semantic definitions favoured by the discordant results of double-blind placebo-controlled trials, which have generated various terms ranging from non-coeliac gluten sensitivity to the broader one of non-coeliac wheat or wheat protein sensitivity or, even, FODMAP sensitivity. The role of FODMAPs in eliciting the clinical picture of IBS goes further since these short-chain carbohydrates are found in many other dietary components, including vegetables and fruits. In this review, we assessed current literature in order to unravel whether gluten/wheat/FODMAP sensitivity represent ‘facts’ and not ‘fiction’ in IBS symptoms. This knowledge is expected to promote standardisation in dietary strategies (gluten/wheat-free and low FODMAP) as effective measures for the management of IBS symptoms.

Extract from study:

WHEAT SENSITIVITY
Wheat is considered one of the foods known to evoke IBS symptoms. However, which component(s) of wheat is/are actually responsible for these clinical effects still remain(s) an unsettled issue. The two parts of wheat that are thought to have a mechanistic effect comprise proteins (primarily, but not exclusively, gluten) and carbohydrates (primarily indigestible short-chain components, FODMAPs). Two distinct views characterise the clinical debate: one line identifies wheat proteins as a precipitating/perpetuating factor leading to symptoms, while the other believes that FODMAPs are the major trigger for IBS.

The controversy over nomenclature
If gluten is a major trigger for IBS, it expands the gluten-related disorders by adding a new entity now referred to as non-coeliac gluten sensitivity (NCGS). Indeed, coeliac disease-like abnormalities were reported in a subgroup of patients with IBS many years ago. A recent expert group of researchers reached unanimous consensus attesting the existence of a syndrome triggered by gluten ingestion. This syndrome recognises a wide spectrum of symptoms and manifestations including an IBS-like phenotype, along with an extra-intestinal phenotype, that is, malaise, fatigue, headache, numbness, mental confusion (‘brain fog’), anxiety, sleep abnormalities, fibromyalgia-like symptoms and skin rash. In addition, other possible clinical features include gastroesophageal reflux disease, aphthous stomatitis, anaemia, depression, asthma and rhinitis. Symptoms or other manifestations occur shortly after gluten consumption and disappear or recur in a few hours (or days) after gluten withdrawal or challenge. A fundamental prerequisite for suspecting NCGS is to rule out all the established gluten/wheat disorders, comprising coeliac disease (CD), gluten ataxia, dermatitis herpetiformis and wheat allergy. The major issue not addressed by the consensus opinion was that gluten is only one protein contained within wheat. Other proteins, such as amylase-trypsin inhibitors (ATIs), are strong activators of innate immune responses in monocytes, macrophages and dendritic cells. Furthermore, wheat germ agglutinin, which has epithelial-damaging and immune effects at very low doses at least in vitro, might also contribute to both intestinal and extraintestinal manifestations of NCGS. Consequently, a further development of this research field led to suggestions of a broader term, non-coeliac wheat sensitivity (NCWS). The problems with this term are twofold. First, rye and barley may be inappropriately excluded. Second, the term will refer to any wheat component that might be causally related to induction of symptoms and, therefore, will also include fructans (FODMAPs). It will then have a very nonspecific connotation in IBS. A more correct term would then be non-coeliac wheat protein sensitivity (NCWPS) since this does not attribute effects to gluten without evidence of such specificity, eliminates the issue of fructan-induced symptoms and avoids the unknown contribution of rye and barley proteins to the symptoms. Both NCGS, the currently accepted term, and NCWPS will be used subsequently in this paper.