Miscuglio di grani (grano evolutivo): no grazie!

by luciano

Vedi anche aggiornamento 27-12-2020: Grano evolutivo? Miscuglio di grani?

Ma di che si tratta esattamente? Una popolazione evolutiva non è altro che una mescolanza di tantissime varietà diverse della stessa specie. Un concetto tanto semplice, quanto concretamente utile: Questi miscugli servono a far fronte al cambiamento climatico grazie alla loro capacità di evolversi nel tempo. Proprio per questa loro capacità Ceccarelli preferisce chiamarle popolazioni evolutive, e non miscugli come si fa spesso. Vi faccio un esempio concreto: nel 2008 mentre lavoravo ad Aleppo ho mescolato un migliaio di tipi di semi di orzo e li ho portati ad alcuni agricoltori in cinque paesi diversi: Siria, Algeria, Eritrea, Giordania e Iran. Il risultato è stato subito un raccolto abbondante, che poi è stato distribuito ad altri agricoltori, e le sementi così selezionate sono state diffuse. L’anno successivo ho fatto lo stesso con frumento duro (mescolando 700 tipi diversi) e con il frumento tenero (mescolando 2000 tipi diversi). Con gli anni queste tre popolazioni si sono moltiplicate, hanno viaggiato per tutto il Medio Oriente e nel 2010 sono arrivate e hanno cominciato a diffondersi in Italia. Una diffusione avvenuta spontaneamente tra gli agricoltori con il semplice passaparola. I vantaggi. Si tratta di miglioramento genetico partecipativo-evolutivo, facilmente spiegabile attraverso la teoria dell’evoluzione, secondo cui coltivando una popolazione evolutiva, ci si mette al riparo da malattie ed erbe infestanti nuove o cambiamenti climatici perché tra gli individui di una popolazione ce ne sarà sempre una parte che riuscirà a cavarsela. Non solo, con le popolazioni evolutive si evita di sottostare al monopolio dei semi e all’impoverimento dei raccolti e della dieta quotidiana. “ Fonte: https://www.gamberorosso.it/notizie/articoli-food/grano-evolutivo-storia-e-vantaggi-del-miscuglio/ intervista al Dott. Salvatore Ceccarelli.

La richiesta dei consumatori è sempre più orientata a sapere cosa mettono nel piatto, anzi ad avere la possibilità di conoscere l’intera filiera del prodotto e le sue caratteristiche. La filiera del vino, dell’olio, solo per citare due importanti esempi, testimoniano l’importanza di un’informazione completa e, possibilmente esaustiva che è, poi, anche la chiave, insieme con la qualità, del successo dei prodotti più famosi. Con il grano vogliamo percorrere questo cammino a ritroso? Mangiamo quello che il campo produce in quel dato anno cosi come madre natura decide?

Ovviamente non mi riferisco alla tecnica di ibridare due o più grani/varietà con il preciso scopo di ottenerne una nuova con determinate caratteristiche (più resistente alle malattie, più adatta per determinati climi, più adatta per la pasta ecc.): questa tecnica presenta gli indubbi vantaggi di sapere cosa vogliamo e come ottenerlo ed è largamente utilizzata ed è ampiamente idonea a conseguire i vantaggi ascritti alla tecnica del miscuglio. Il monopolio dei semi, invece, va combattuto con opportune limitazioni legislative. L’impoverimento dei raccolti e della dieta è ottenibile utilizzando l’immensa ricchezza dei grani “antichi”.

Con il miscuglio di grani avremo un grano che presenterà di volta in volta differenze per:

  • L’indice di glutine che è molto importante per conoscere la tenacità del “glutine” e, quindi la sua digeribilità.
  • La percentuale di glutine che ha importanza per lo stesso motivo prima citato.
  • La tollerabilità che è legata alla presenza qualitativa e quantitativa della frazione del glutine resistente alla digestione gastro intestinale che in alcuni soggetti causa la celiachia in altri la sensibilità al glutine e che, comunque, è un ulteriore indice rispetto anche alla digeribilità in senso lato.
  • La possibile presenza della frazione del glutine responsabile dell’allergia al grano.
  • Le caratteristiche reologiche che definiscono l’utilizzo del grano: per la pasta, per il pane, per la pizza ecc.

Vi sembra poco? Altroché impoverimento della dieta! Finiamo nel cadere nella dieta più incerta e nebbiosa possibile! A meno di non credere che madre natura qualunque cosa produca è sicuramente ottima per noi!

Riguardo alla tollerabilità molte sono le ricerche che hanno evidenziato la differente –anche forte – differenza nei grani della frazione del glutine resistente alla digestione gastro intestinale:

  • Per quanto riguarda i peptidi immunogenici il contenuto maggiore è stato quello registrato nel frumento comune, ovvero nel frumento tenero. Il contenuto medio era di 524 mg/kg, da un minimo di 240 mg/kg di Blasco fino a un massimo di 829 mg/kg di grano del miracolo. Di poco inferiori sono le quantità registrate nelle specie tetraplodi, ovvero farro medio o dicocco e nel frumento duro. In media il contenuto di questi peptidi era, per il frumento duro, di 457 mg/kg, con contenuto minimo registrato nell’Odisseo (208 mg/kg) e un contenuto massimo registrato nel Senatore Cappelli (840 mg/kg). Nel farro dicocco il contenuto medio rilevato è stato di 421 mg/kg, dai 247 mg/kg del farro della Garfagnana coltivato a Parma ai 572 mg/kg del farro della Garfagnana coltivato a Bologna. I contenuti più bassi in assoluto dei peptidi immunotossici sono stati rilevati nel farro piccolo o monococco e nello spelta. Il contenuto medio rilevato nel farro monococco è stato di 166 mg/kg, con il contenuto minimo di 137 mg/kg per ID331 coltivato a Parma e il contenuto massimo, sempre nella stessa varietà, cresciuta a Bologna di 236 mg/kg. Nello spelta il contenuto medio è stato di 225 mg/kg, dal minimo di 63 mg/kg di Rouquin coltivato secondo gli standard dell’agricoltura biologica a Parma al massimo di 436 mg/kg di Rouquin coltivato secondo gli standard dell’agricoltura convenzionale sempre a Parma. Ovviamente, nonostante le quantità in queste due specie sono risultate essere inferiori rispetto alle altre specie, non si può affermare che si tratta alimenti sicuri per i celiaci.
  • Per quanto riguarda i peptidi tossici il contenuto più basso è quello rilevato nello spelta, mentre il contenuto più alto registrato è stato quello del farro monococco ID331. CONFRONTO TRA VARIETÀ ANTICHE E MODERNE DI FRUMENTI ANCHE IN RELAZIONE A FENOMENI DI INTOLLERANZA ALIMENTARE. Tesi di laurea di Laura Kerer. Relatore
Prof. Fabio Veronesi Correlatore Dott. Renzo Torricelli. Anno Accademico 2016-2017. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA Dipartimento di Scienze Farmaceutiche Corso di Laurea
in
Scienze dell’alimentazione e della nutrizione umana”.

Le analisi riportate nello studio sopracitato si riferiscono alla rilevazione quantitativa della “frazione tossica” ma è, altrettanto importante l’analisi qualitativa di queste frazioni giacché può essere molto differente. Il farro monococco (grano monococco) ID331 citato, ad esempio è forse il grano con la maggiore tollerabilità perché non ha il peptide 31 mer che è il più attivo tra i peptidi tossici e non ha il 33mer che è quello più attivo tra quelli immunogenici perché il grano monococco ha il genoma AA e il 33 mer è codificato nel genoma DD che caratterizza il grano tenero. Inoltre altro elemento importante è il tipo di glutine che un grano possiede: forma e disposizione degli aminoacidi che formano i peptidi. (1) Il grano monococco ha un glutine “diverso” dal grano tenero e presenta, per questo motivo una più alta digeribilità e tollerabilità. (2) (Protective effects of ID331 Triticum monococcum gliadin on in vitro models of the intestinal epithelium. Giuseppe Jacomino et altri 2016.

Highlights: ID331 gliadins do not enhance permeability and do not induce zonulin release. ID331 gliadins do not trigger cytotoxicity or cytoskeleton reorganization. ID331 gastrointestinal digestion releases ω(105–123) bioactive peptide. ω(105–123) exerts a protective action against the toxicity induced by T. aestivum)”.

“On the other hand, a subsequent paper investigating how in vitro gastro-intestinal digestion affects the immune toxic properties of gliadin from einkorn (compared to modern wheat), demonstrated that gliadin proteins of einkorn are sufficiently different from those of modern wheat, thereby determin- ing a lower immune toxicity following in vitro simulation of human digestion. (Suligoj T, Gregorini A, Colomba M, Ellis HJ, Ciclitira PJ. Evaluation of the safety of ancient strains of wheat in coeliac disease reveals heterogeneous small intestinal T cell responses suggestive of coeliac toxicity. Clin Nutr 2013;32:1043–9)”.

Le caratteristiche reologiche che definiscono l’utilizzo del grano (per la pasta, per il pane, per la pizza ecc.) sono un elemento molto importante per industria e artigiani che desiderano, anzi vogliono, un prodotto da lavorare “costante nelle caratteristiche” e non differenti di volta in volta come avverrebbe con un risultato spontaneo, in modo da non dover reimpostare il ciclo di lavorazione e poter offrire un prodotto riconoscibile. Immagino la gioia dell’industria o il panificio che si trova in mano una “farina” che si comporta ogni volta in maniera differente!

Per la pasta ad esempio è importante il contenuto delle glutenine ad alto peso molecolare “During the last half of the past century one of the main goals of breeding programs in Mediterranean environments was the release of durum wheat cultivars with high quality standards (Subira et al., 2014). An increase in pasta-making quality during the 20th century in durum wheat cultivars released in Italy was reported by De Vita et al. (2007) due to the incorporation of favorable gluten protein alleles in modern cultivars, such as the HMW-GS 7 + 8 allele encoded by the Glu-B1 locus. Subira et al. (2014)”.

Per il pane: “The study evidently suggests that higher SLV (specific loaf volume) was obtained from wheat varieties having lower gliadin/glutenin and higher HMW‐GS/LMW‐GS ratio. R/E (resistance/extensibility) also exhibited a significant correlation (r = 0.81) with the SLV. This observation is consistent with the widely held view that a balance of elasticity and viscosity is essential for good bread‐making performance of wheat varieties.

 

Effects of Gliadin/Glutenin and HMWGS/LMWGS Ratio on Dough Rheological Properties and BreadMaking Potential of Wheat Varieties

Vandana Dhaka B.S. Khatkar First published: 03 March 2015. https://doi.org/10.1111/jfq.12122”.

Preferirei, dunque, si proseguisse, invece, sulla strada della realizzazione della “carta d’identità” del prodotto, sia che si tratti di grano, farina o del prodotto finito con descrizione di tutti i passaggi della filiera o, quantomeno, di quelli più significativi.

Approfondimenti:

  1. Il Glutine e le frazioni “tossiche” (I parte)
  2. Tollerabilità del grano monococco