Pizza con farina di Grano Monococco (piccolo farro) 100%

by luciano

Test con metodica indiretta per ottenere una pizza con farina semintegrale di grano monococco ad altissima digeribilità e tollerabilità. (idoneo per persone sensibili al glutine/grano non celiache).
Premessa
“La ricerca scientifica ha da tempo evidenziato, oltre la grande digeribilità, e la ricchezza dei contenuti di minerali, anche l’elevata tollerabilità di alcune varietà del grano monococco https://glutenlight.eu/2019/03/11/tollerabilita-del-grano-monococco/. Per questo motivo dedichiamo a questo grano una particolare attenzione.
La farina di grano monococco presenta alcune difficoltà per la realizzazione di pane/pizza e/o prodotti da forno secchi.
In sintesi le principali difficoltà:
1. La minore quantità di glutine
2. La minore forza del glutine
3. Danneggiamento amido accentuato (1)
4. Amilasi troppo debole (falling number superiore a 350). (2)

Lunghi tempi di maturazione a freddo

Inoltre la realizzazione di prodotti per persone sensibili al glutine/grano ma non celiache richiede lunghi tempi di maturazione dell’impasto affinché i processi enzimatici operino anche le trasformazioni (idrolisi) degli amidi e del glutine (https://glutenlight.eu/2019/03/12/maturazione-e-fermentazione-di-un-impasto-acqua-farina-e-lieviti-e-o-batteri-lattici/). Tempi lunghi (oltre 24 ore) non sono compatibili con la stabilità di questo tipo d’impasti a temperatura ambiente o superiore; dovrà essere utilizzata una cella a temperatura bassa (4-6 gradi) per rallentare la lievitazione e favorire la maturazione dell’impasto (oppure, per preparazioni casalinghe, il frigorifero). Finita la maturazione si procederà, poi, rapidamente alla lievitazione. Dovrà essere utilizzata, sempre perché il prodotto è pensato per persone sensibili al glutine/grano ma non celiache, la pasta madre dello stesso grano che utilizziamo o del grano monococco più digeribile e tollerabile. Questa pasta madre non darà grande apporto per la lievitazione. La scarsità di glutine, inoltre, non genera un reticolo glutinico abbondante né peraltro forte: l’impasto finale non sarà elastico e non potrà essere “steso” nel modo usuale. Si dovrà, inoltre, immettere aria nell’impasto durante la preparazione. Si dovrà utilizzare una percentuale limitatissima di Lievito di Birra compresso fresco che ha funzione di starter e collaborazione con i lattobacilli. La farina da usare dovrebbe essere sempre da grani a coltivazione biologica: l’uso di composti azotati aumenta sia la percentuale di glutine che la forza ed altera il rapporto glutenina gliadina. https://glutenlight.eu/2019/03/14/i-fertilizzanti-e-il-grano/. Queste note fanno parte di una nuova metodica industriale per la realizzazione d’impasti per pane e prodotti secchi adatta con farine povere di glutine (percentuale di glutine s.s. e “forza del glutine” limitate). Sono le farine che, nella prassi corrente, non vengono utilizzate per la produzione di pane e/o pizza.”
Metodica scelta:
questo test è realizzato utilizzando la metodica del pre-impasto seguito dall’impasto finale. Il pre-impasto, una sorta di biga, attiva, rispetto all’impasto diretto, una quantità maggiore di lieviti e batteri lattici nonché attiva i processi enzimatici della farina che non solo conferiranno più profumo e sapore al prodotto finito ma anche contribuiranno in modo sensibile sia ad aumentarne la digeribilità che la tollerabilità.
Precisazioni:
la metodica è stata adattata per una preparazione casalinga, quindi senza l’uso –ad esempio- di una cella a temperatura e umidità controllate. Tempi e temperature sono stati definiti per la farina di grano monococco tipo ID331 semintegrale, macinata a pietra, produttore “ I Grani di Atlantide di Lorenzo Moi” racccolto 2020. Semintegrale significa, in questo caso, farina ottenuta setacciando quella integrale acquistata con setaccio con maglie da 600 micron. Questa precisazione è necessaria, perché soprattutto tempi e temperature variano secondo la farina (tipo e raccolto) e il suo grado di raffinazione (quantità di crusca presente). Ulteriore precisazione: la metodica è per persone esperte”.
Scopo di questo test
Anche lo scopo di questo test (come dei precedenti) è quello di cercare di arrivare al limite di tenuta dell’impasto (oltre si ha la disgregazione totale della maglia glutinica). In modo che i lattobacilli della pasta madre e gli enzimi endogeni della farina possano idrolizzare (rompere) il più possibile il glutine per renderlo più digeribile e tollerabile. Il prodotto che si ottiene è una pizza idonea alle persone (NON CELIACHE) che hanno moltissima difficoltà con il glutine. Ovviamente è possibile diminuendo, per esempio, il tempo di fermentazione da 21 ore a 18 in modo da avere un impasto meno idrolizzato ottenendo un prodotto comunque assolutamente eccellente. L’ indice “W” di questa farina è modesto collocandosi sotto il valore di 50. Questo fa si che l’impasto abbia poca stabilità e sviluppa una maglia glutinica limitata e debole. Ricordo che in tutti gli impasti realizzati con farine con poca “forza” è indispensabile riuscire a immettere aria nell’impasto che, in fase di cottura, contribuirà a rendere la mollica non compatta.
Ingrendienti
Idratazione 60% 900 =540gr. (effettiva con 45 acqua licoli = 585gr. pari al 65% circa)

preimpasto

impasto

1

Farina

400gr.

500gr.

2

Acqua

180gr

540-180 =360gr.

260 + 100 (-40gr)*

3

LiCoLi

90gr.

0

4

L. di B.

0,7gr.+10gr. acqua

0,6gr.+10gr. acqua

5

Malto

0

10,8gr.

1,2% di 900gr.

6

Sale

0

16,2gr.

1,8% di 900gr.

7

Olio

45gr.

5% di 900gr.

11gr.

83gr.

681gr.

898gr.

* questo valore è variabile in funzione dell’umidità della farina e anche del grado di macintura, nel test eseguito la quantità di acqua aggiunta nella fase finale (5 step) è stata, appunto 60gr.

Steps:
1 step: rinfrescare la pasta madre -realizzata con il grano monococco I Grani di Atlandide- in forma liquida (Li.Co.Li) due volte di seguito e utilizzarla ben matura (i tempi per la preparazione variano in funzione della temperatura ambiente, mediamente 4 ore + 4 ore). Il LiCoLi va conservato (per precauzione) in frigorifero e, quindi, prima di rinfrescarlo va tenuto per almeno 1 ora a temperatura ambiente.
2 step: preparare il preimpasto con 400gr. di farina e 180gr. di acqua, entrambe fredde (di frigorifero), 90 gr. di LiCoLi e 0,7gr. di Lievito di birra compresso fresco sciolto in pochissima acqua non fredda. Il preimpasto va mescolato non incordato, non deve essere bagnato né secco ma grumoso pastoso. La temperatura del preimpasto a fine preparazione deve essere di circa 18C°.
3 step: mettere il preimpasto in una ciotola di plastica (leggermente unta di olio di semi) coperta a 18C° per 12 ore.
4 step: dopo 12 ore porre il preimpasto in una ciotola da planetaria/impastatrice, aggiungere 260gr. di acqua, 45gr. di olio e usare un frullatore a lame per scioglierlo (tipo miniprimer) ed inglobare molta aria (eseguire con cura). Aggiungere ora il malto (10,8gr.), il lievito (0,6gr.) e frullare ancora (5 minuti circa).
5 step: utilizzando ora la planetaria con il gancio aggiungere al composto di cui al precedente step tutta la farina ancora disponibile e 60gr. di acqua (non è necessario “incordare”). Se rimane farina sul fondo ciotola aggiungere un po’ di acqua, pochissima però.
6 step: e completare a mano per omogeneizzare.
7 step: successivamente, dividere l’impasto in due parti e metterli in due ciotole di plastica coperte (leggermente unte con olio di semi) in frigo per 15 ore una e per 18 ore l’altra controllando che la temperatura dell’impasto non sia superiore a 18 gradi circa in modo che al freddo l’impasto maturi ma lieviti poco, molto poco; la lievitazione avverrà successivamente (in questo test ho utilizzato una cella a temperatura controllata). In questo modo si potranno preparare due teglie e cuocerle separatamente. Con un forno adatto si potrebbe fare un impasto unico e poi preparare due teglie da cuocere contemporaneamente.
8 step: prelevare luna ciotola dal frigo e metterla con il suo coperchio su un piano caldo (quello utilizzato nelle rosticcerie) riscaldato a 30 gradi per 2 ore o più (l’impasto in superficie dovrebbe arrivare ad una temperatura di circa 18/19 gradi). In questo test: 2 ore.
9 step: versare, poi, l’impasto su carta forno leggermente umida, stendere un po’ con un mattarello l’impasto, porre sopra l’impasto carta forno leggermente umida e stendere per ottenere una pizza con le dimensioni della teglia. Trascinare la pizza nella teglia, e togliere la carta forno superficiale. Porre la teglia dentro un sacchetto di plastica chiuso (serve per far mantenere all’impasto la sua umidità e non far seccare la superficie) e metterla sul piano caldo a 30 gradi per 1 ora circa o quanto serve per la lievitazione. In questo test: 1 ora e 30 minuti.
10 step: condire e infornare.
11 step: cottura mediamente 10 minuti in basso nel forno poi 15 minuti a 225 sul livello di mezzo. (dipende dal tipo di forno). Cottura statica.
Risultato: una pizza caratterizzata da una leggera nota acida che ne accompagna il sapore, merito della fermentazione operata dal lievito madre. Fermentazione acida che dona alla pizza digeribilità e tollerabilità elevata.
Nessun additivo, nessun miglioratore.

Note:
1 – step n. 4, 5,e 6 : tempo complessivo circa 30 minuti
2 – la farina e l’acqua devono avere una temperatura tale che l’impasto abbia alla fine del 6 step una temperatura di circa 18 gradi.
3 – Non usare MAI farina da spolvero ma ungere mani e superficie spianatoia con pochissimo olio di semi.
4 – Gli impasti con farine con glutine debole e scarso hanno un reticolo glutinico con limitata stabilità e forza. Scaldando l’impasto da sotto preserviamo un po’ la superficie dalle rotture precoci.
5 – Se l’impasto in uscita dal frigo presenta la superficie fessurata diminuire il tempo dello step n. 7. La temperatura del frigorifero dovrebbe essere di 5 gradi circa.
6 – L’impasto con la farina di monococco nelle lunghe maturazioni tende a rilasciare parte dell’acqua assorbita rendendo l’impasto appiccicoso: se eccessivo diminuire l’idratazione (meno acqua nello step n. 5).

IMPORTANTE: Utilizzare farina di grano monococco (piccolo farro) 100% semintegrale evitando quella di Monlis (perché ha una frazione molto indigesta –tipo 33mer) e quella di Hammurabi perché difficilissima da utilizzare.

Report fotografico:
Foto 1: impasto dopo il riposo a 5C°

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto 2: pizza stesa

Foto 3: pizza da infornare

Foto 4: pizza cotta

Foto A pizza sezione

 

 

 

 

 

 

 

Richiami
(1) – Le condizioni di macinazione di un grano determinano il grado di danneggiamento dell’amido influenzando le caratteristiche della farina; un modesto danneggiamento dei granuli di amido può riuscire benefico, un grado eccessivo è invece indesiderabile. I granuli di amido non danneggiati rigonfiano e gelatinizzano solo debolmente alla temperatura nella quale si effettua l’impasto e la lievitazione, mentre per quelli danneggiati il processo avviene quasi totalmente o del tutto.
I granuli di amido, non danneggiati dalla macinazione, durante il processo di fermentazione dell’impasto non sono attaccati dalla beta-amilasi e solo lentamente dall’alfa-amilasi che li trasforma in maltosio. Al contrario i granuli frantumati vengono idrolizzati dalle amilasi. L’impiego di farina macinata troppo finemente, con un’elevata percentuale di granuli danneggiati, porta alla formazione di pane con un volume inferiore al normale, con mollica umida e mal cotta, caratterizzato da un colore eccessivamente scuro della crosta. (Approfondimento)

(2) – Se le amilasi sono troppo attive (valori di Falling Number inferiori a 220 secondi) i prodotti finali avranno forma piatta, mollica umida e appiccicosa e crosta scura. Se invece sarà superiore a 350 tale farina avrà una debole attività amilasica e il prodotto finale sarà poco sviluppato e con mollica compatta e secca.

Approfondimento
L’IMPORTANZA DELL’AMIDO DANNEGGIATO. Aumenta l’assorbimento d’acqua e fornisce una nutrizione extra per il lievito. Un alto livello di amido danneggiato comporta un impasto appiccicoso che produrrà, poi, una mollica appiccicosa (se sono disponibili abbastanza enzimi amilolitici). Il livello di danneggiamento dell’amido influenza direttamente l’assorbimento d’acqua e le proprietà di miscelazione dell’impasto ed ha, quindi, una grande importanza tecnologica. L’amido danneggiato assorbe da 2 a 4 volte più acqua rispetto ai normali granuli di amido. Impasti appiccicosi, elevato assorbimento d’acqua, tempi di lievitazione più lunghi e colore scuro della crosta sono solo alcuni degli effetti dell’amido danneggiato. I granuli di amido danneggiati sono sensibili alla degradazione enzimatica rispetto agli amidi nativi. Una migliore conoscenza dei livelli di amido danneggiato nelle farine è essenziale per un loro migliore utilizzo. Il valore ottimale di amido danneggiato varia con l’uso della farina ed è fortemente dipendente dal contenuto proteico della farina, dall’attività alfa-amilasi e dal tipo di pane che si desidera.

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