Un’opportunità da cogliere: glutine digeribile e tollerabile. Perché?
Il glutine (è un composto proteico che si forma quando glutenina e gliadina, presenti nella farina, sono mescolate con forza con acqua) è responsabile celiachia in soggetti geneticamente predisposti. Non tutto il glutine è all’origine di questa patologia: la ricerca ha, infatti, isolato alcune sequenze di aminoacidi (sono i “mattoni” che costituiscono il glutine) che sono responsabili della reazione avversa del sistema immunitario umano innato e adattivo. Queste sequenze sono presenti (anche più volte) nelle catene molecolari (peptidi) che costituiscono il glutine, e, soprattutto nelle gliadine.
Moltissimi sono gli studi che hanno come obiettivo quello di creare grani o farine senza queste sequenze, impasti dove l’azione di particolari batteri presenti nella pasta acida distruggano le frazioni tossiche. Ancora sono stati identificati particolari enzimi (proteasi prodotte dall’Aspergillo) in grado di attivare una completa digestione enzimatica della gliadina, riducendo o annullando la risposta reattiva delle cellule T sensibili al glutine. (Toft-Hansen H et al Clin Immunol. 2014 Aug;153(2):323-31. doi: 10.1016/j.clim.2014.05.009. Epub 2014 Jun 3).
Il glutine è indigeribile in quanto tale, solo se suddiviso negli aminoacidi costituenti può essere digerito e, dopo essere passato nel sangue, essere assimilato. L’azione di “spezzettamento del glutine è svolta dall’enzima pepsina (è il più importante tra gli enzimi digestivi e, attivata dall’acido cloridrico, attacca le proteine e le scompone in frammenti detti polipeptidi che verranno successivamente scomposti nei singoli aminoacidi dalla tripsina), presente nello stomaco e dall’enzima tripsina prodotta dal pancreas presente nell’intestino. Questi due enzimi non sempre riescono a “spezzettare” il glutine e i residui vengono, dalle persone “normali”, eliminate. Questi residui, invece, se contenenti le sequenze tossiche attivano la risposta del sistema immunitario che li combatte come “nemici”. Più il glutine è forte (cioè quanto più forti sono i legami delle molecole che costituiscono il glutine) più difficile e lunga sarà l’azione degli enzimi. Si può nascere celiaci ma anche ci si può diventare se predisposti geneticamente. A rischio maggiore, ovviamente, sono i congiunti e parenti dei celiaci. La ricerca scientifica ha evidenziato che l’uso nella dieta cibi prodotti con grani più possibilmente leggeri e tollerabili (con la minor quantità possibile di “epitopi tossici”) riduce la possibilità di diventare celiaci ed è indicato per le persone sensibili al glutine non celiache.
Un esempio riguardante il grano monococco lo troviamo nello studio:
“…..Conclusions: Our study shows that Tm (Grano Monococco) is toxic for CD patients as judged on histological and serological criteria, but it was well tolerated by the majority of patients, suggesting that Tm is not a safe cereal for celiacs, but that it may be of value for patients with gluten sensitivity or for prevention of CD.Copyright of European Journal of Nutrition is the property of Springer Science & Business Media B.V. and its content may not be copied or emailed to multiple sites or posted to a listserv without the copyright holder’s express written permission. However, users may print, download, or email articles for individual use. This abstract may be abridged. No warranty is given about the accuracy of the copy. Users should refer to the original published version of the material for the full abstract.”
La ricerca scientifica, ormai da qualche tempo, ha evidenziato un’altra patologia legata al glutine: la sensibilità al glutine non celiaca (NCGS). E’ oggi, possibile diagnosticarla solo attraverso una lunga e complessa serie di analisi che, per questo motivo, non possono trovare larga applicazione. La ricerca (ottimamente riassunta nella ricerca allegata) è ancora in alto mare, infatti, nella realizzazione di biomarcatori idonei a diagnosticare questa patologia in modo certo e semplice. Infine va rilevato come pur esistendo moltissimi gli studi, ricerche e test su pazienti, questi sono risultati troppo parziali per arrivare a definire “con certezza” come viene attivata la NCGS. Le gliadine, comunque, svolgono un ruolo importante dal momento che l’antigene anti gliadine è stato trovato nei pazienti diagnosticati con questa patologia.
In ultimo la ricerca ha evidenziato come un glutine leggero e tollerabile sia meno invasivo per i soggetti con la patologia dell’intestino irritabile.
Elevato indice glicemico dei prodotti gluten-free
“Nel formulare prodotti Gluten Free quindi il primo problema da risolvere è l’assenza del reticolo proteico su cui costruire il prodotto. Questa carenza si ripercuote sulla struttura del prodotto sia in termini di volume sia a livello organolettico. Le formulazioni si basano principalmente su miscele di amidi e sostanze che fanno da “collante” e spesso presentano un deciso sbilanciamento nutrizionale, cioè una forte carenza di fibra e un elevato indice glicemico. L’Indice Glicemico chiarisce quanto velocemente il carboidrato ingerito viene demolito, assorbito e immesso nella circolazione sanguigna come fonte energetica per le cellule. Alimenti a basso Indice Glicemico rilasciano energia in modo prolungato, in modo costante e permettono di evitare la sensazione di fame poche ore dopo il pasto. Alimenti ad alto Indice Glicemico rilasciano energia sotto forma di glucosio molto velocemente con il risultato che la sensazione di fame non tarda a farsi sentire ed il glucosio in eccesso viene trasformato in grasso di deposito. Nella relazione “Indice Glicemico e Prodotti privi di Glutine” della dott.ssa Alessandra Bosetti, dietista clinico presso l’ospedale Sacco, emergere l’esigenza di riconsiderare le caratteristiche dei prodotti dieto-terapeutici per migliorarne l’indice glicemico e l’adeguatezza nutrizionale.
Nei diversi prodotti da forno si evidenziano inoltre una serie di difetti organolettici riassunti qui:
• Biscotti: manca consistenza al morso, struttura troppo dura o eccesso di sabbiosità, manca persistenza del gusto;
• Torte da forno: manca volume, asciugano in fretta, gommosità, manca persistenza del gusto, profilo nutrizionale sbilanciato;
• Pane, pizza: manca volume, manca elasticità nella mollica, mollica poco omogenea, gommosità, profilo nutrizionale sbilanciato.
Nelle diverse formulazioni si utilizzano farine di mais, riso, quinoa, grano saraceno, a cui sono aggiunti amidi con funzione strutturante o emulsionante e idrocolloidi. Questi ultimi hanno l’importante funzione di assorbire e trattenere l’acqua dell’impasto e in fase di cottura di creare una maglia di contenimento all’amido gelatinizzato. Tra i principali idrocolloidi utilizzati ricordiamo la gomma di guar, lo xantano la carragenina, l’idrossimetilcellulosa. Per utilizzare al meglio questi prodotti si consiglia di impiegare acqua calda o lunghi tempi di riposo che permettono un’idratazione ottimale delle fibre.
Ancora poco si è studiato sulle impastatrici: l’impastatrice a spirale la forcella o le braccia tuffanti sono le meno indicate in quando non è presente glutine da formare o orientare. Normalmente si utilizzano impastatrici planetarie per avere la migliore idratazione dei diversi componenti; inoltre se permettono un’ossidazione ottimale dell’impasto la maglia formata da gomme e amidi mostra una migliore resistenza e funzionalità.”
Da: https://www.sigmasrl.com/it/blog/importanza-del-gluten-free
Fermentazione della pasta acida (I parte)
Lo studio evidenzia l’azione che la pasta acida ha sia nell’idrolizzare (rompere) le proteine ricche di prolina (gliadina) coinvolte nell’attivazione del sistema immunitario umano sia nell’idrolizzare (rompere) il glutine (favorendo la digeribilità) e soprattutto le glutenine ad alto peso molecolare
La pasta acida e il suo potenziale di degradazione del glutine. Il lievito naturale è prodotto utilizzando una coltura di lactobacillus, spesso in combinazione con il lievito (saccaromiceti). Il lievito naturale è il metodo più antico per la lievitazione del pane ed è ancora utilizzato per alcune applicazioni. Ad esempio, per preparare il pane di segale, forse perché l’impasto ottenuto dalla farina di segale ha bisogno di un pH basso per essere adatto alla cottura (Arendt et al., 2007). Rispetto agli impasti trattati con lievito per pane a base di grano o di segale, la pasta madre produce un gusto tipicamente piccante o aspro, principalmente a causa dell’acido lattico prodotto dai lattobacilli. Inoltre, durante la fermentazione la proteolisi fornisce composti che sono precursori degli aromi volatili e degli amminoacidi che vengono convertiti dai batteri in composti che sono precursori dei sapori (Gänzle et al., 2008). Tradizionalmente, la pasta madre viene aggiunta come ingrediente alla farina di frumento o di segale non modificata per la panificazione. Tuttavia, alcuni autori (Rizzello et al., 2007) hanno proposto la pasta madre come l’ingrediente principale e l’unica fonte di proteine per produrre il pane senza glutine.
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Antiche varietà di grano e salute umana: implicazioni biochimiche e cliniche.
Un importante studio che evidenzia le interessanti caratteristiche delle antiche varietà di grano in relazione, soprattutto, ad alcune diffuse patologie gastrointestinali (This manuscript reviews the nutritional value and health benefits of ancient wheats varieties, providing a summary of all in vitro, ex vivo, animal and human studies that have thus far been published.)
Premessa:
Antiche varietà di grano. Sebbene non esista una definizione precisa, è generalmente accettato che il grano antico sia rimasto invariato negli ultimi cento anni. Al contrario, le specie moderne sono state ampiamente modificate e soggette a incroci in quella che viene comunemente definita la “rivoluzione verde”. Questo termine è stato sviluppato per riferirsi a una serie di iniziative di ricerca e trasferimento tecnologico avvenute tra gli anni ’30 e la fine degli anni ’60. La rivoluzione verde fu iniziata da Strampelli, che fu tra i primi, in Europa e nel mondo, ad applicare sistematicamente le leggi di Mendel a caratteristiche come la resistenza alla ruggine, la fioritura precoce e la maturità e la lunghezza dello stelo. Di conseguenza, la produzione di grano italiano è raddoppiata, un risultato che durante il regime fascista è stato definito la “Battaglia del grano” (1925-1940) [10]. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, alcune delle varietà di grano di Strampelli furono usate come genitori nei programmi di riproduzione in molti paesi in una fase della Rivoluzione Verde, definita come la rivoluzione verde di Norman Borlaug. Questa fase è stata determinante nello sviluppo delle varietà ad alto rendimento [10]. Successivamente, durante gli anni ’60, la ricerca si concentrò sul miglioramento della qualità delle proteine di riserva, aumentando così le proprietà tecnologiche. Agronomi coltivavano varietà di mais, grano e riso che venivano generalmente indicati come “varietà ad alto rendimento” basate su una maggiore capacità di assorbimento dell’azoto rispetto ad altre varietà. Alti livelli di azoto nei terreni causano l’allettamento del grano prima del raccolto. Pertanto, i geni semi-nani sono stati allevati per migliorare per ridurre sia l’allettamento che il ciclo di maturazione. I principali risultati di questa rivoluzione sono stati lo sviluppo di varietà moderne caratterizzate da una maggiore resa, una ridotta suscettibilità alle malattie e agli insetti, una maggiore tolleranza agli stress ambientali, una maturazione omogenea (per ottimizzare la raccolta) e un contenuto di glutine più elevato (per migliorare qualità del pane e della pasta). Mentre questi programmi di coltura intensivi hanno contribuito ad aumentare la produzione e la qualità tecnologica, si è verificata una concomitante diminuzione della variabilità genetica e un progressivo impoverimento delle proprietà nutrizionali e nutraceutiche del grano, determinate principalmente dalla completa sostituzione delle antiche razze locali con la moderna varietà “.
Alcuni passaggi dello studio aiutano a focalizzare le evidenze più significative che, sebbene, riferite ad un limitato numero di ricerche, aprono interessanti prospettive per una maggiore utilizzazione dei grani antichi al fine di diminuire i disturbi derivanti dall’ingestione del glutine:
About monococcum wheat: “Compared with soft wheat, einkorn showed a lower content of both total and resistant starch (mean value: 655 vs 685 g/kg dry matter (DM) and 25.6 vs 30–88 g/kg DM respectively) [7]. However, the amount of amylose molecules, that are digested more slowly, was higher than the amount of amylopectin molecules, thereby lowering both glucose and insulin levels in the blood after meals [14] and maintaining satiety for longer periods [15]. By evaluating the average protein content, einkorn protein values were 59% higher than those of modern wheat [16], but the bread-manufacturing quality of storage proteins were poor, making it better suited to the preparation of cookies or pasta [17]. The comparative analysis of lipids and fatty acid composition in einkorn and soft wheat germ revealed a higher content of lipids (+50%) in einkorn, with a greater proportion of monounsat- urated fatty acids (+53%), and lower polyunsaturated (−8%) and saturated fatty acids (−21%) [16]. With respect to phytochemicals, einkorn showed the highest concentration of phytosterols and tocols (1054 and 57 μg/g DM respectively), but this difference was mostly marked in the HEALTHGRAIN dataset [12]. In addition, einkorn, khorasan wheat and emmer wheat cultivars showed the highest content of total carotenoids (2.26, 6.65 and 8.23 μg/g DM respectively) and lutein (7.28, 4.9 and 2.7 μg/g DM), the major carotenoid with respect to all the other species [18,19]. Of interest, several lines of einkorn showed lutein values from three to eight-fold higher than soft wheat and two-fold greater than those for durum wheat. Some authors suggested that the higher carotenoid content in einkorn-made products could be a result of lower processing losses, linked to lower lipoxygenase activity [7]. “
“Although there is insufficient evidence to suggest that ancient wheat varieties prevent gluten-related disorders, several studies have shown that a diet based on less-immunoreactive wheat products, with fewer amounts and types of reactive prolamins and fructans, may help in the improvement of gastrointestinal and/or systemic symptoms of some auto-immune or chronic diseases (eg, irritable bowel syndrome, etc.) [34]. These less-immunoreactive varieties, like einkorn, may be good targets for slowing the development of disease in populations genetically predis posed to celiac disease and other wheat sensitivities [42]. “
“On the other hand, a subsequent paper investigating how in vitro gastro-intestinal digestion affects the immune toxic properties of gliadin from einkorn (compared to modern wheat), demonstrated that gliadin proteins of einkorn are sufficiently different from those of modern wheat, thereby determining a lower immune toxicity following in vitro simulation of human digestion [40]. “
“Although concrete functional benefits are difficult to ascertain from random individual human trials, since they are subject to differences and/or limitations in experimental design, participant number and participant characteristics in the case of parallel arm studies, results unanimously suggest that the consumption of products made with ancient wheat varieties ameliorate not only proinflammatory/antioxidant parameters (where investigated) but also glycaemic and lipid status. “ Ancient wheat species and human health: Biochemical and clinical implications. Stefano Benedettelli et altri. September 2017. (Available online at www.sciencedirect.com)
Approfondimenti
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