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luciano

Monococcum Wheat (einkorn)

by luciano

Monococcus wheat protein content, on average 15-18%, is higher than that of other cultivated cereals and has a nutritional value higher than that of common wheat and durum wheat. The studies carried out at the Research Unit for the Qualitative Valorisation of Cereals of the Council for Research and Experimentation in Agriculture (CRA-QCE) in the last ten years have allowed to identify many peculiar and nutritionally interesting aspects of the monococcus wheat. Among the characteristics that make it unique in the field of straw cereals we have (i) the high content of carotenoids, precursors of vitamin A and natural antioxidants, which is about 5 times that of soft wheat; (ii) the excellent availability of tocoli (vitamin E), which is about 50% greater than durum wheat and soft wheat; (iii) the high content in lipids (about 50% more than common wheat), with a clear prevalence of unsaturated fatty acids; (iv) the high percentage in ash and the high content in minerals (particularly interesting are zinc, iron and phosphorus) and (v) a content in fruits about 50-70% greater than soft wheat (Hidalgo and Brandolini, 2008) ). The monococcus wheat flour, almost impalpable, has a characteristic yellow color and is excellent for the production of biscuits, snakes, flakes and other bakery products (Brandolini et al., 2008; Pollini et al., 2013); there are also genotypes with an excellent attitude to bread-making (Saponaro et al., 1995; Borghi et al., 1996). Also the pastification quality is very high, both in terms of workability of the raw material and of the quality of the finished product: the spaghetti and the monococco wheat macaroni have a good resistance to cooking and a reduced loss of starch compared to those based on commercial groats. of durum wheat (Brandolini et al., 2008). Moreover T. monococcum possesses small-sized (so-called B-type) starch granules in proportion to the cultivated wheats.

Deepening:
1. Tolerability of the monococcum wheat
2. More digestible starch in the monococcum wheat

Species and variety concept

by luciano

“Ha senso parlare di “specie antiche” e “specie moderne”? Secondo chi scrive, no. Semmai dovesse avere un senso parlare di “antico”, questo lo si può riferire all’origine della specie, quindi è corretto dire che il farro monococco ha origini molto antiche (infatti è stato il primo frumento comparso circa 12 mila anni fa), mentre il frumento tenero ha origini più “moderne” (si stima la sua origine a soli – si fa per dire – 8000 anni fa).

Poi, dentro la specie, è importante definire con esattezza i diversi concetti di popolazione, varietà, varietà antica, varietà moderna.
Le varietà tradizionali sono le varietà locali (landraces), chiamate impropriamente anche “popolazioni locali” e sono state da sempre coltivate dagli agricoltori. Sono popolazioni eterogenee, in rapporto dinamico con l’ambiente naturale e le tecniche colturali e sono state oggetto inconsapevole della selezione dell’agricoltore stesso.

Il passaggio dalla selezione “inconscia” condotta dagli agricoltori per secoli a quella “organizzata e consapevole” condotta dai costitutori vegetali (tra le fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento), ha dato avvio al miglioramento genetico (breeding), finalizzato all’ottenimento di varietà migliorate (bred varieties o cultivars). Queste sono popolazioni omogenee, spesso costituite da un solo genotipo (come le linee pure nei frumenti) con caratteristiche “desiderate” dai selezionatori.

Pertanto, tutte le varietà derivate da un programma di miglioramento genetico, condotto con qualsiasi metodica (selezione massale, selezione genealogica, selezione ricorrente, selezione entro popolazioni locali o entro popolazioni segreganti ottenute da incrocio) sono “varietà migliorate”.

E nelle varietà migliorate, qual è la differenza fra “varietà antiche” e “varietà moderne”? Oppure è il caso di dire che tutte le varietà locali sono “antiche” per definizione?
Qualcuno utilizza come criterio il periodo di costituzione, per cui le varietà costituite prima del dopoguerra sarebbero “antiche”; per qualcun altro invece tali sarebbero quelle ottenute da metodi di breeding “poco invasivi”, senza ricorso all’incrocio artificiale. Non c’è nessun fondamento scientifico in tale dissertazione e le definizioni, a mio giudizio, sono del tutto soggettive.

Di fatto la distinzione effettiva resta fra le varietà locali e quelle migliorate. Dentro a queste ultime troviamo tipologie diverse, frutto di obiettivi diversi di miglioramento genetico, quindi con caratteristiche differenziate in grado di rispondere a diversi metodi di trasformazione e a diverse esigenze nutrizionali.

Ancora oggi esistono in Italia varietà locali di Triticum. Solo per citarne qualcuna fra le più conosciute: il farro di Monteleone di Spoleto e il farro della Garfagnana nel dicocco; i frumenti teneri “Solina d’Abruzzo” e “Rosciole” dell’Appennino Centrale; Ruscìe, Saragolla/Saragolle, Marzuolo/Marzuoli nei frumenti duri.

 

E perché al plurale? Perché le varietà locali, similmente alle popolazioni naturali, sono frutto dell’azione combinata di mutazioni, ricombinazioni, fenomeni di migrazione e deriva genetica, selezione e sono popolazioni bilanciate, in equilibrio con un determinato ambiente, geneticamente dinamiche, ma anche soggette a diversi gradi di selezione attuata dagli agricoltori. Pertanto, grazie alla loro variabilità
all’adattamento a
assumono tratti
differenziati, tali da consentire una diversa identità genetica in ogni ambiente.

Inoltre, la denominazione di una varietà locale può derivare dal legame con il territorio (farro di Monteleone), con il nome di un agricoltore (il frumento tenero Jervicella nelle Marche), da una caratteristica morfologica (“ruscìe”, “russelli”, “rosciole”, frumenti duri e teneri, che assumono a maturazione la tipica colorazione rossastra di spighe, ariste, culmo, dovuta alla forte pigmentazione), da un tratto fisiologico (i grani marzuoli sono varietà ad habitus primaverile, quindi non hanno bisogno di vernalizzazione e possono essere seminati alla fine dell’inverno, fino a marzo).

 

Le “Saragolle” sono un gruppo di frumenti duri storicamente diffusi nelle regioni del Sud Italia e Sicilia, di cui si ritrova traccia in numerosi documenti storici. Da tali documenti non emerge con chiarezza se trattasi soltanto di frumento duro oppure anche di altre specie.
Personalmente ho cominciato ad occuparmi di questi frumenti una ventina di anni fa, ho raccolto numerosi campioni, presso collezioni private e banche del germoplasma, e in parte anche presso agricoltori in Abruzzo, Puglia, Basilicata, Sicilia, ed ho appurato che si tratta sia di frumento duro che di frumento turanico e, spesso, miscuglio delle due specie nella stessa popolazione.
Senza voler “categorizzare” troppo, è possibile definire alcuni tratti tipici delle “Saragolle”, quali la taglia molto elevata, la spiga di grosse dimensioni, le cariossidi molto grandi e spesso molto lunghe (aspetto per qualche tempo le ha fatte erroneamente classificare come Triticum polonicum), il basso contenuto in glutine e la ridotta tenacità di questo.
La gran parte delle accessioni di “Saragolle” da me rintracciate in Italia sono classificabili come frumento turanico, anche quelle descritte come “grano del faraone”, “grano degli egizi” e denominazioni simili. Al riguardo va precisato che in molti casi si tratta dello stesso materiale genetico di origine, passato da un’azienda all’altra, al quale è stato attribuito un nome diverso!! Non più lontano di 10 anni fa praticamente nessuno conosceva le “Saragolle”.

Sono avvenuti due fatti più o meno concomitanti che ne hanno fatto esplodere l’interesse e la conoscenza.

Il primo fatto è legato all’introduzione nel mercato italiano del Kamut®, marchio commerciale della Kamut Int. Ltd del Montana (USA) che protegge la filiera che utilizza la linea QK-77 di frumento turanico, reperita in Egitto. Basta poco per rintracciare in rete una vastissima gamma di informazioni su questo prodotto. Il successo commerciale del Kamut® va attribuito sicuramente alla grossa abilità di marketing della società detentrice che ha saputo sfruttare al meglio alcune delle peculiarità agronomiche e qualitative di questo grano: fra tutte l’adattabilità alla produzione biologica e un glutine “debole”, particolarmente adatto ad una determinata fascia di consumatori (sensibilità al glutine, che non è celiachia, che invece è intolleranza genetica allo stesso).

Il secondo fatto, che ha creato molta confusione, è stata l’iscrizione nel 2004 al Registro Nazionale del frumento duro della varietà Saragolla da parte della Società Produttori Sementi di Bologna. Questa varietà è frutto di uno specifico programma di miglioramento genetico condotto dalla Società partendo da parentali del tutto diversi che nulla hanno a che vedere con le “saragolle”, varietà locali sopra descritte, così come nessuna affinità c’è tra le due varietà. L’iscrizione al Registro Nazionale con tale nome è stata del tutto lecita, perché questa denominazione non era “repertoriata” in nessun elenco pubblico in nessuna parte d’Italia e il nome non contrastava con i criteri stabiliti dall’Unione Europea in materia di denominazioni varietali e, infine, nei due mesi di pubblicazione del nome nel Bollettino ufficiale delle varietà edito dal Mipaaf, non c’è stata nessuna opposizione.

Per gli operatori del settore non c’è alcuna possibilità di confondere le due tipologie varietali, ma nel cittadino/consumatore comune, qualche dubbio è sorto e continua a sorgere.

Solo di recente è stata iscritta una varietà di Saragolla Lucana alla sezione delle “Varietà da conservazione” del frumento duro, sezione prevista quale appendice al comune Registro delle Varietà Vegetali detenuto presso il Mipaaf. L’iscrizione è stata presentata da Cra – Centro di Ricerca per la Cerealicoltura di Foggia (Cra-Cer) e Regione Basilicata, su segnalazione di un agricoltore lucano e dell’Associazione lucana cerealisti di antiche varietà di Palazzo San Gervasio. La varietà era diffusa in passato nei territori dei comuni di Palazzo San Gervasio, Forenza, Maschito, Banzi, Genzano di Lucania, Venosa, Montemilone, Lavello, tutte località in provincia di Potenza.

Infine, giusto per aumentare la confusione, con un nome simile, “Saracolla”, una decina di anni fa è stato rintracciato un frumento tenero nell’appennino reatino. Si tratta di una varietà con spiga aristata, con colorazione rossastra a maturazione, cariosside di medio-grandi dimensioni, ciclo precoce. Quindi tutt’altra cosa rispetto alle saragolle di cui sopra.

Possiamo quindi concludere che non è difficile fare confusione, soprattutto quando il mercato alimenta tale confusione.

Solo il riferimento a risultati certi di ricerche e studi ben precisi può consentire – è il caso di dirlo – di non scambiare “ceci per cicerchie”.

DA: https://www.icvalenza.edu.it/materiale-d-waterandfoodsecurity-org-buone-pratiche-di-sviluppo-sostenibile/?aid=16290&sa=0.”

Millstones and millstones with stones

by luciano

The old mills with stone millstones are very few and work small batches of wheat, so no industrial plant uses this flour. The good news is that today modern versions of the old mills are also spreading, made up of two stainless steel discs covered with natural stone (the most appreciated is the flint of French La Ferté-sous-Jouarre). Alternatively there are also wheels covered with a mixture of flint, magnesite and emery, similar to that of non-stick pans. With the stone millstones it is impossible to obtain the ’00’ type flour because it is impossible to separate the starch from bran and germ Contrary to the past, the two wheels are housed in a wooden structure and the grains of wheat (or other cereals) are poured from above into the central hole of the disc, which shatters them by rotating at high speed. The difference between natural and artificial stone is that the French millstone rotates at 90-100 rpm, keeping the flour a working temperature around 30 ° C. In the other system the millstones rotate at high speed and the flour overheats, reducing the nutritional properties. The advantage of stone mills (both natural and artificial) is that the flour is ‘truly integral’ because whole grains are ground and in this way the germ and the outer coating (bran) are mixed with the flour, obtaining a flavor, a aroma and superior nutritional properties compared to traditional grinding with cylinders. This flour is rich in fibers, minerals, B vitamins, tocopherols (vitamin E), proteins and fats – polyunsaturated and monounsaturated – present in the bran and germ. Against the best nutritional characteristics, however, there is less conservability due to the presence of the fatty acids of the germ, and a certain resistance to leavening due to the presence of the bran.

Preliminary operations the grinding of wheat : Grain conditioning

by luciano

Phase in which the grain is wet with a sufficient quantity of water, to facilitate the detachment of the external parts (integuments) from the floury almond and the breaking of the same. The purpose of this phase is to soften the casing to prevent its fragmentation and promote its detachment, to reduce the hardness of the albumen to facilitate its transformation into flour and to obtain a degree of damage to the starch that is optimal for the various uses. . Conditioning is influenced by the amount of water added, the temperature of the treatment and the duration of the rest of the grain.