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luciano

Il grano: genere, specie, varietà, accessione

by luciano

Per gentile concessione del Dott. Michele Giannini

“Sistematicamente parlando un “genere” contiene più “specie” e , all’interno di una specie ci possono essere diverse varietà. Quindi la varietà è un raggruppamento all’interno di una specie.

Le “varietà” coltivate (anche dette “cultivar” che è un acronimo dei termini “cultivated variety”) sono gruppi di individui (vegetali) che sono simili fra loro avendo in comune alcune caratteristiche morfologiche e di ciclo vegetativo/produttivo che sono anche le caratteristiche che le distinguono dalle altre varietà. Queste caratteristiche distintive devono essere trasmesse alla progenie, ovviamente quando si parla di progenie generatesi dall’incrocio di individui appartenenti alla stessa varietà. Per essere chiamata “varietà”, infatti, il gruppo di individui di cui abbiamo parlato fino ad adesso deve avere caratteristiche di Distinguibilità (si deve differenziare dalle altre varietà conosciute), Uniformità (i caratteri che la caratterizzano devono essere portati da tutti gli individui della varietà e cioè esprimersi in modo uniforme nella popolazione … con alcune tolleranze ammesse) e Stabilità (devono mantenere nelle generazioni i caratteri di distinguibilità con uniformità). L’acronimo di queste tre caratteristiche che definiscono una varietà coltivata è DUS.

Esiste quindi una variabilità tra gli individui di una stessa varietà (a meno di casi particolari quali gli ibridi di prima generazione derivati dall’incrocio di linee pure omozigoti oppure di cloni generati attraverso propagazione vegetativa). Gli individui, inoltre, hanno anche caratteristiche morfofisiologiche diverse se cresciuti in ambienti diversi. E’ per questo che è bene effettuare i confronti varietali nei medesimi ambienti pedoclimatici. Inoltre anche la caratterizzazione morfofisiologica (descrizione dei caratteri morfologici e del ciclo vegetativo/produttivo della varietà) avviene attraverso la comparazione con altre varietà conosciute che crescono nel medesimo ambiente pedoclimatico.

Riproducendo una varietà, quindi, occorre sempre effettuare una selezione conservativa per continuare a mantenerne i caratteri che la contraddistinguono. Inoltre, anche stando attenti alla cosa, l’ambiente in cui gli individui di una varietà crescono e si riproducono è in grado di influenzarne la “evoluzione”… In pratica, l’ambiente favorisce la riproduzione di alcuni individui sfavorendone altri… Questo significa che con l’andare del tempo e l’intervento dell’uomo le varietà (che pure dovrebbero essere stabili) subiscono inevitabilmente una variazione nei loro equilibri interni… in pratica nell’ambito della variabilità presente all’interno della varietà.

Il termine “accessione” può invece essere riferito a varie cose. Di fatto è una “unità” di una collezione.

Una accessione, ad esempio, può essere un gruppo di individui presumibilmente appartenenti ad una varietà coltivata raccolti in un determinato territorio nel quale si sono “ambientati”. Quindi pur appartenendo ad una stessa varietà due accessioni possono anche essere leggermente diverse tra loro in quanto si sono riprodotte (per diverse generazioni) in ambienti diversi. Due accessioni appartenenti alla stessa varietà, possono essere leggermente diverse tra loro anche se raccolte nello stesso ambiente ma in periodi diversi…

A volte una accessione può essere anche una popolazione (quindi un gruppo non così uniforme come una cultivar) raccolta in un determinato ambiente e in un determinato momento.

La caratterizzazione di una varietà è la descrizione della stessa e, in particolare, di quei caratteri che la rendono distinguibile rispetto alle altre.

Oggi è possibile caratterizzare una varietà anche dal punto di vista genomico.

Sperando di essere riuscito a spiegare i concetti e le differenze tra varietà (cultivar) e accessione”.

Dott. Michele Giannini

U.O. CENTRI SPERIMENTALI
email: michele.giannini@venetoagricoltura.org

Veneto Agricoltura

Veneto Agricoltura è presente su tutto il territorio regionale.
Nei suoi centri si svolgono le attività sperimentali, nelle aziende pilota le nuove tecnologie vengono testate per costruire il know-how dell’agricoltura veneta.
Si avvale di strutture specializzate per la formazione e l’aggiornamento tecnico e gestisce il patrimonio forestale regionale.
Viale dell’Università,14 – Legnaro PD

Maturazione naturale della farina

by luciano

La maturazione naturale della farina è un processo che riguarda gli aspetti biochimici, enzimatici e botanici dei fenomeni che avvengono durante la maturazione naturale degli sfarinati, dopo la macinazione e le implicazioni tecnologiche sul processo della panificazione e richiede tempo. Necessità commerciali hanno sempre più orientato molti operatori del settore ad accelerare questo processo utilizzando additivi. L’argomento è di vitale importanza per la qualità dei prodotti finali ed è per questo motivo che pubblichiamo integralmente un articolo (suddiviso in due parti) della Dott.sa Simona Lauri (tecnologo alimentare). L’articolo è di una straordinaria chiarezza ed evidenzia una profonda conoscenza della materia unita ad una notevole capacità espositiva.

L’importanza della maturazione naturale della farina (I parte)
La maturazione naturale della farina rappresenta realmente un elemento facoltativo, per non dire superfluo? O è forse un fattore chiave, frutto di un secolare processo tecnologico naturale, nonché sinonimo di vera qualità? (I Parte). Pubblicato il: 25/08/2014
Premessa
Parlare di farine non è mai una cosa semplice, soprattutto quando vi sono molteplici punti di vista attraverso i quali è possibile affrontare l’argomento: agronomico, botanico e/o genetico del frumento, reologico, enzimatico, tecnologico, concernente le analisi di processo, legislativo, commerciale, nutrizionale o semplicemente divulgativo. A questa problematica si aggiunga il lessico della trattazione, che molto spesso è basato su vocaboli o troppo tecnici – a quasi esclusivo appannaggio universitario – o eccessivamente semplificati, tali da diffondere banalità o informazioni elementari e pertanto reperibili ovunque.

 L’argomento di quest’approfondimento sulla farina di frumento riguarda gli aspetti biochimici, enzimatici e botanici dei fenomeni che avvengono durante la maturazione naturale degli sfarinati, dopo la macinazione e le implicazioni tecnologiche sul processo della panificazione. Si cercherà pertanto di utilizzare un linguaggio il più semplificato possibile, pur mantenendo solide le basi scientifiche e la terminologia tecnica, evitando – quando possibile – dettagliati approfondimenti e rimandando ad opportuni testi, pubblicazioni universitarie, o articoli specifici.

RNA-amplicon sequencing method

by luciano

“Gli attuali metodi commerciali di rilevamento del glutine non sono in grado di distinguere tra varianti di epitopi CD immunogeniche e non immunogeniche e quindi di quantificare con precisione il carico complessivo di epitopi CD di una data varietà di frumento. Il metodo di sequenziamento dell’RNA-amplicon è stato sviluppato per le trascrizioni di alfa-gliadina che comprendono i tre principali epitopi di CD e le loro varianti. Tale quantificazione è indispensabile per la corretta selezione delle varietà di frumento con basso potenziale in grado di causare la celiachia. “Quantitative and qualitative differences in celiac disease epitopes among durum wheat varieties identified through deep RNA-amplicon sequencing
Elma MJ Salentijn, Danny G Esselink, Svetlana V Goryunova, Ingrid M van der Meer, Luud JWJ Gilisse and Marinus JM Smulders Salentijn et al. BMC Genomics 2013, 14:905 http://www.biomedcentral.com/1471-2164/14/905

Abstract
“Background: Wheat gluten is important for the industrial quality of bread wheat (Triticum aestivum L.) and durum wheat (T. turgidum L.). Gluten proteins are also the source of immunogenic peptides that can trigger a T cell reaction in celiac disease (CD) patients, leading to inflammatory responses in the small intestine. Various peptides with three major T cell epitopes involved in CD are derived from alpha-gliadin fraction of gluten. Alpha-gliadins are encoded by a large multigene family and amino acid variation in the CD epitopes is known to influence the immunogenicity of individual gene family members. Current commercial methods of gluten detection are unable to distinguish between immunogenic and non-immunogenic CD epitope variants and thus to accurately quantify the overall CD epitope load of a given wheat variety. Such quantification is indispensable for correct selection of wheat varieties with low potential to cause CD.

Results: A 454 RNA-amplicon sequencing method was developed for alpha-gliadin transcripts encompassing the three major CD epitopes and their variants. The method was used to screen developing grains on plants of 61 different durum wheat cultivars and accessions. A dedicated sequence analysis pipeline returned a total of 304 unique alpha-gliadin transcripts, corresponding to a total of 171 ‘unique deduced protein fragments’ of alpha-gliadins. The numbers of these fragments obtained in each plant were used to calculate quantitative and quantitative differences between the CD epitopes expressed in the endosperm of these wheat plants. A few plants showed a lower fraction of CD epitope-encoding alpha-gliadin transcripts, but none were free of CD epitopes.

Conclusions: The dedicated 454 RNA-amplicon sequencing method enables 1) the grouping of wheat plants according to the genetic variation in alpha-gliadin transcripts, and 2) the screening for plants which are potentially less CD-immunogenic. The resulting alpha-gliadin sequence database will be useful as a reference in proteomics analysis regarding the immunogenic potential of mature wheat grains.

……omissis Limiting the abundance of CD epitopes in food products may reduce the risk of sensitization of the immune system of the group of people that are genetically susceptible for CD. In order to breed and select for wheat varieties with significantly reduced immunogenic potential to cause CD it is necessary to accurately estimate the quantity and quality of the CD epitope load in gluten. Up to now, the ability for high throughput quantification of CD epitopes by presently available assays based on T cell clones and on monoclonal antibodies is very limited, mainly because of the high complexity of the wheat material on the one hand, and the laboriousness of in vitro T cell assays and the promiscuity of the monoclonal antibodies on the other hand [22,23]. In addition, most commercial kits with monoclonal antibodies detect gluten, not CD epitopes.

A custom 454 sequence analysis pipeline was used to quantify CD epitopes and their variants in the alpha-gliadin transcriptomes of a set of 77 individual plants from 61 different durum wheat accessions, by determining the normalised transcript abundances for the respective CD epitopes and variants thereof.”

More information: https://www.yourgenome.org/facts/what-is-the-454-method-of-dna-sequencing

Nota:

Il sequenziamento del DNA è la determinazione dell’ordine dei diversi nucleotidi (quindi delle quattro basi azotate che li differenziano, cioè adenina, citosina, guanina e timina) che costituiscono l’acido nucleico.

La sequenza del DNA contiene tutte le informazioni genetiche ereditarie del nucleo, plasmidi, mitocondri e cloroplasti che sono alla base per lo sviluppo di tutti gli organismi viventi. All’interno di questa sequenza sono codificati i geni di ogni organismo vivente, nonché le istruzioni per esprimerli nel tempo e nello spazio (regolazione dell’espressione genica). Determinare la sequenza è dunque utile nella ricerca del perché e come gli organismi vivono.

La conoscenza del genoma risulta quindi utile in ogni campo della biologia e l’avvento di metodi per il sequenziamento del DNA ha accelerato significativamente la ricerca.

Ricerca di varietà di grani a basso impatto su soggetti geneticamente predisposti alla celiachia

by luciano

Cercare di prevenire, per quanto possibile, la celiachia è una sfida di grande importanza, né sono testimoni i molti studi che sono stati fatti sia per ricercare grani a basso contenuto di peptidi immunogenici (In search of tetraploid wheat accessions reduced in celiac disease-related gluten epitopes. Hetty van den Broeck, Chen Hongbing, et al. July 2010 Molecular BioSystem); (Variable Immunogenic Potential of Wheat: Prospective for Selection of Innocuous Varieties for Celiac Disease Patients via in vitro Approach. Jasmine Grover et al. Fronties Immunology 2019.); Scouting for Naturally Lowtoxicity Wheat Genotypes by a Multidisciplinary Approach. Rosa Pilloli et al. November 2018 Scientific Reports, sia per ricercare grani ugualmente idonei attraverso incroci, sia intervenendo sulla composizione del glutine del grano (Improving wheat to remove coeliac epitopes but retain functionality. Peter R. Shewry Arthur S. Tatham. J Cereal Sci. 2016 Jan; 67: 12–21).

In quest’ottica si colloca anche il:

Progetto Smart Wheat

SITEIA.PARMA in partenariato con Ciri Agroalimentare dell’Università di Bologna e Biogest-SITEIA dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha realizzato il progetto Smat Wheat che ha permesso di individuare varietà di frumento a basso impatto su soggetti geneticamente predisposti alla celiachia per lo sviluppo di prodotti alimentari in grado di prevenirne l’insorgenza e le condizioni agronomiche più opportune per l’ottimizzazione di questa caratteristica. Il progetto comprendeva anche la formulazione e realizzazione di prototipi di prodotti commerciali e verifica clinica che tali prodotti abbiano effettivamente un impatto ridotto su pazienti selezionati. https://fesr.regione.emilia-romagna.it/por-fesr/progetti/esempi-di-progetti-finanziati/ricerca-e-innovazione-asse-1/smart-wheat. Nel video di seguito indicato sono presentate le principali caratteristiche del progetto e i prodotti che sono stati realizzati: (https://www.youtube.com/watch?v=zmlVRlRPQy8).

Sintesi del progetto Smat Wheat:

“Individuazione di varietà di frumento a basso impatto su soggetti geneticamente predisposti alla celiachia, per lo sviluppo di prodotti alimentari in grado di prevenirne l’insorgenza. Fatma Boukid, Barbara Prandi, Arnaldo Dossena, Stefano Sforza. Centro Interdipartimentale SITEIA. PARMA, Università di Parma, Parco Area delle Scienze, 43124, Parma, Italia; Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco, Università di Parma, Parco Area delle Scienze 17/A, 43124, Parma, Italia.
La celiachia è un’enteropatia autoimmune che si manifesta in soggetti geneticamente predisposti in seguito all’ingestione di glutine di frumento, o proteine analoghe di orzo e segale. Nonostante la predisposizione genetica alla celiachia sia abbastanza diffusa (circa 30% della popolazione), la celiachia colpisce circa 1% delle persone. Le ragioni della perdita della tolleranza immunologica al glutine nei soggetti predisposti non é ancora ben chiara, e sono state formulate diverse ipotesi, tra cui la quantità e la qualità del glutine ingerito.
76 genotipi di Triticum durum sono stati sottoposti a digestione in vitro. I peptidi contenenti sequenze note per scatenare la risposta celiaca sono stati identificati e quantificati con cromatografia liquida ifenata a spettrometria di massa. Sono stati analizzati anche sei diversi genotipi di T. durum, coltivate in 4 differenti regioni italiane, per valutare l’influenza dell’ambiente sulla produzione di peptidi coinvolti nella celiachia.
Sono stati identificati 11 peptidi contenenti sequenze note per essere coinvolte nella risposta celiaca. La quantità di peptidi immunogenici è molto variabile tra le diverse varietà di frumento, andando dai 386 ppm di Valerio ai 1661 ppm di Amedeo. Tra i 76 genotipi analizzati, 10 producono una quantità di peptidi immunogenici minore di 500 ppm, mentre 4 ne producono più di 1550 ppm. Come dimostrato dai dati, la variabilità (naturalmente alta) nella produzione di peptidi immunogenici può essere sfruttata per ridurre l’esposizione dei soggetti geneticamente predisposti.”

I 76 genotipi sono entrati a far parte dello studio pubblicato nell’articolo “Characterization of Celiac Disease-Related Epitopes and Gluten Fractions, and Identification of Associated Loci in Durum Wheat”. Il metodo rapido a cui si fa riferimento è la digestione in vitro seguita dall’analisi LC-MS, che consente di individuare peptidi immunogenici.

È stato valutato anche l’effetto dell’ambiente: la quantità di peptidi immunogenici generati dopo digestione era analoga tra le 4 regioni, ad eccezione della Sicilia, che ha mostrato un quantitativo superiore. C’è quindi un effetto genetico, ma anche un’interazione con l’ambiente.
……..omissis “ In the present study, the different influence of genetics and environment on TP, IP, α- and γ-gliadins accumulation in durum wheat was seen. Notwithstanding a prevalent effect of the environment, it had been possible to identify among modern cultivated varieties, genotypes characterized by low and stable TP and IP content across different locations. These results highlight the possibility of selecting the agronomic conditions to maximize production in terms of yield, maintaining good protein content at the same time decreasing the content of peptides involved in CD, and therefore decreasing the exposure of nonceliac predisposed subjects. An enhanced soil water content availability using improvers, and/or the use of beneficial microorganisms combined with improvement of plant physiological traits (reduced plant transpiration, suitable genotypes), might be considered to reduce the negative environmental stress that increases the grain content of peptides triggering the innate and adaptive immune response in CD patients. Interestingly, the mechanisms that determine GY and GPC seem to be uncoupled from those ruling TP and IP accumulation. This weak association creates the bases for new breeding perspectives towards genotypes with good technological properties, at the same time characterized by a low content of CD-triggering peptides. Further studies are needed to support these results in relation to environmental and management influences on soil water content and plant transpiration.” (Influence of environmental and genetic factors on content of toxic and immunogenic wheat gluten peptides. Barbara Prandi et al. European Journal of Agronomy 118 (2020) 126091.”

 

Trugu Arista Niedda: grano duro antico della Sardegna

by luciano

Trigu Arista Niedda: grano dalle reste nere
E’ una varietà di frumento dalle reste nere di cui si ha notizia, in Sardegna, in sin dalla fine del 1700, quando l’agronomo Antonio Manca dell’Arca cita per l’isola “un formento d’ariste negre, da seminare in terreni sterili e leggeri poiché temono meno la siccità e venti caldi di giugno (Manca dell’Arca, 1780)”. 
Pochi decenni dopo, il captain William Henry Smyth nella sua Relazione sull’isola di Sardegna (1828) nota come dei differenti tipi di grano che si coltivano la listra niedda è considerato il migliore..
La bibliografia storica e scientifica di fine ‘800 e della prima metà del secolo scorso riconducono all’epiteto arista niedda e sinonimi (aristau nieddu, restinieddu, listi nieddu etc) diverse varietà e selezioni locali diffuse pressoché in tutta la Sardegna, ed in particolare nei settori centrale e meridionale, spesso molto diverse tra loro.

Il test che presentiamo ha utilizzato il Trigu Arista niedda prodotto dall’azienda Sa Laurera Azienda Agricola Ecosostenibile Villanovaforru (VS), Sardegna

La selezione locale coltivata dell’azienda identifica una popolazione di frumento duro caratterizzata da una certa variabilità, che comprende piante a ciclo lungo con culmi alti sino ai 175 cm, ad accestimento medio-alto.
La spiga è di forma cilindrica compressa a sezione rettangolare lunga sino a 14 cm, riflessa verso il basso a maturazione, con reste mediamente divergenti, brune su sfondo giallo-decolorato o ad apice giallo-decolorato, oppure nero-fumose o fumose su sfondo giallo-decolorato, lunghe sino a 2,5-3 volte la lunghezza della spiga. Le glume sono glabre e di colorazione variabile dal giallo decolorato al giallo-rossiccio, più raramente su sfondo bruno, con evidente unghiatura nera e molto spesso una macchia nero-bruna o bruna lungo la carena, con o senza abbondante pruina grigio-bluastra. Cariossidi ambrate tendenti al rossiccio chiaro.

Trigu arista niedda viene coltivato in terreni di collina e di pendio, su suoli sciolti e con abbondante scheletro, spesso poco profondi, a reazione neutro-alcalina.
In campi di grandi dimensioni le lavorazioni sono minime e si riducono a due interventi con l’ausilio di coltivatori ed altri attrezzi leggeri, mai con l’utilizzo di aratri, intervenendo nei primi centimetri di suolo.
Viene adottata la tecnica della falsa semina a cui segue, tra la fine di Ottobre e l’inizio di Dicembre, la semina effettiva, a righe o a seminatrice meccanica, oppure a spaglio. Molto spesso la semina risulta più distanziata del solito, soprattutto nei campi dove si interverrà manualmente per le operazioni di rincalzatura e scerbatura. Se queste operazioni non sono previste, si lascia sviluppare la coltura liberamente, senza nessun tipo di intervento né meccanico né tanto meno chimico, che generalmente entra in equilibrio con la flora spontanea senza riscontrare alcun problema di competizione. I campi di grano duro T. arista niedda crescono in questo modo nella maniera più naturale possibile. Dopo 6-8 mesi, in condizioni ambientali adeguate, il grano viene mietuto, trebbiato, ventilato meccanicamente e sottoposto a una prima vagliatura presso un laboratorio autorizzato per poter eliminare le impurità.

 Dopo alcune settimane dalla trebbiatura, i primi quantitativi di grano arista niedda possono essere moliti. Per ora l’unico mulino a cui ci siamo affidati è l’Antico Mulino Artigiano dei fratelli Sulis, a Samugheo (OR), che dopo un ulteriore vagliatura e le operazioni di lavaggio ed asciugatura, lavora il nostro grano con macine in pietra”.

Il test
E’ stato realizzato un pane, con la metodica più volte descritta in questo sito, comprendente un preimpasto fatto fermentare per 12 ore e un impasto finale con una lunga maturazione a freddo per 20 ore e successiva lievitazione. E’ stata utilizzata pasta acida di grano monococco tipo ID331 e una frazione infinitesimale di Lievito di Birra come starter.

Il risultato è stato sorprendente! La farina ha un comportamento simile a quella di un grano tenero, la mollica è ben sviluppata di consistenza morbida ed elastica. Pur essendo una farina integrale il pane è risultato molto chiaro, quasi bianco.

Speriamo di poter ottenere alcuni indicatori utili (quantità di crusca presente, gluten index e/o W; percentuale di glutine sul secco; falling number; assorbimento idrico, per comprendere meglio questo splendido grano.

Foto A

Foto B